Siamo vicini all’emissione criptovalute garantite dalle banche centrali, a dirlo il direttore generale della Banca dei regolamenti internazionali

Settimana scorsa avevamo reso conto del fatto che un report diffuso dal fondo monetario internazionale certificava che siamo nell’imminenza dell’emissione di criptovalute garantite dalle banche centrali dei vari paesi; nella giornata di ieri, ad ulteriore conferma, è arrivato il parere simile di Agustin Carstens nel corso di un’intervista del Financial Times. Carstens, per chi non lo sapesse, è il direttore generale della banca dei regolamenti internazionali (BRI o, in inglese, BIS, acronimo di Bank for International Settlements); la BRI è un’organizzazione internazionale fondata nel 1930 in attuazione del Piano Young, è la più antica istituzione finanziaria internazionale ed ha sede sociale a Basilea, in Svizzera.

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Le banche centrali stanno per emettere le criptovalute

Si tratta, quindi, di un’opinione assolutamente autorevole, che andrebbe presa in debita considerazione; nella sua intervista al Financial Times il direttore generale della BRI, che agisce sul piano internazionale come una sorta di banca centrale delle banche centrali, ha ribadito quanto avevamo già potuto leggere nel report dell’FMI affermando che non solo molti istituti centrali stanno lavorando alacremente per pervenire all’emissione di una CBDC, ma che la stessa BRI è impegnata a sostenere questi sforzi. Nella stessa intervista il numero due della banca dei regolamenti internazionali arriva ad affermare che:

Il mercato delle CBDC potrebbe nascere prima di quanto pensiamo e dobbiamo essere in grado di supportarlo a dovere

L’occasione per parlare di questi argomenti, ovviamente, è stata fornita ancora una volta dal lancio di libra, che sembra aver aperto gli occhi agli organismi internazionali sul fatto che le criptovalute non sono una moda passeggera ma una tecnologia con cui bisogna iniziare a fare i conti. Lo stesso Carstens non ha perso occasione per esprimere i propri timori per l’avvento di libra, evidenziando come la principale preoccupazione degli organismi internazionali riguardi ancora il rischio che tali strumenti vengano adoperati per il riciclaggio di denaro; in particolare il direttore generale della BRI, parlando di libra nel corso dell’intervista pubblicata domenica, ha affermato che:

“Il problema è come verrà utilizzata questa valuta; ad esempio, verranno raccolte informazioni o dati che potranno essere utilizzati nell’erogazione di crediti? E in che modo sarà tutelata la privacy dei dati? “

Ora, le domande che Carstens si pone sono sicuramente legittime, così come lo sono le preoccupazioni relative al riciclaggio di denaro, tuttavia, per quanto mi riguarda, non posso fare a meno di trovare ipocriti questi interrogativi nel momento in cui provengono dalle grandi istituzioni, nazionali o sovranazionali che siano; con che credibilità, ad esempio, le istituzioni sollevano il tema del riciclaggio di denaro quando per decenni hanno tollerato paradisi fiscali di ogni sorta? Ancora oggi, ad esempio, ci sono situazioni in cui diventa sostanzialmente impossibile accedere ai dati finanziari di aziende e persone fisiche, persino quando tale richiesta proviene dall’autorità giudiziaria, per non parlare del fatto che i governi stanno diventando sempre più invadenti con la privacy dei cittadini, a partire da sistemi come il riconoscimento facciale, passando per l’obbligo di depositare le impronte digitali per ottenere documenti come le carte di identità fino ad arrivare alla possibilità, che sempre più forze di polizia hanno nel mondo, di accedere direttamente ai conti correnti dei cittadini senza nemmeno dover chiedere l’autorizzazione a un giudice.

Sarebbero comprensibili e accettabili le preoccupazioni di governi e istituzioni internazionali se in questi anni questi stessi soggetti avessero fatto tutto quanto in loro potere per costruire un sistema in cui la privacy dei cittadini è ben tutelata e i regolamenti, nazionali e internazionali, fossero adeguati a prevenire il riciclaggio di denaro, ma non è così che stanno le cose; la verità è che i regolamenti funzionano solo per quanto riguarda le persone comuni, mentre per chi dispone di grandi capitali tali regolamenti è come se non esistessero. Il ruolo delle istituzioni dovrebbe essere quello di mettere tutti in pari condizioni di fronte alla legge, ma quello che vediamo oggi è l’esatto contrario; gli strumenti a disposizione di chi dispone di capitali sufficienti per eludere ogni controllo e blindare la propria privacy sono numerosissimi, i governi di tutto il mondo non hanno mai fatto nulla per isolare i paesi che sono paradisi fiscali che consentono il segreto bancario e che in questi anni hanno sistematicamente respinto ogni rogatoria internazionale.

Mentre si bollavano come “stati canaglia” decine di paesi con i più svariati motivi (spesso eticamente e politicamente discutibili) quelli che sono i veri stati canaglia, quelli cioè che hanno fatto la loro fortuna divenendo paradisi fiscali e offrendo la possibilità ai miliardari di tutto il mondo di blindare i propri capitali, sono stati lasciati in condizione di operare liberamente come se fossero al di sopra di ogni legge. E’ quindi vagamente sospetto che le istituzioni di mezzo mondo sollevino tutte queste preoccupazioni proprio nel momento in cui emerge una tecnologia che apre la possibilità di blindare la propria privacy finanziaria (e non ci riferiamo certamente a libra, ma alle altre criptovalute) anche alle persone comuni.

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