La notizia ha iniziato a circolare ieri, 26 Novembre, a seguito dell’intervento di Ernest Addison (attuale governatore della banca centrale ghanese) che, nel corso dell ventitreesima conferenza bancaria nazionale, ha dichiarato che il Ghana sta per lanciare un programma pilota teso ad esplorare gli effetti sull’economia del paese del lancio di una CBDC (acronimo di Central Bank Digital Currency); Addison ha affermato che il progetto sarà varato nell’ambito di una sandbox normativa il cui scopo sarà comprendere se ci siano gli estremi per lanciare un Cedi (la valuta a corso legale in Ghana) digitale nel prossimo futuro. Sempre il governatore della banca centrale ghanese ha dichiarato che il paese è orientato già da tempo a digitalizzare il settore finanziario e bancario, per cui è assolutamente scontato che, nell’ambito di questo sforzo, si esplorino anche quali sono le opportunità rappresentate dal lancio di una CBDC. Il Ghana, come molti altri paesi africani, è molto attento alle nuove tecnologie anche perché, dal momento che in molti settori c’è carenza di infrastrutture, è facile che un paese africano sia una sorta di tavola bianca su cui lavorare; il concetto è quello di “leapfrogging” cioè la tendenza, per quelli che erano i paesi del terzo mondo, a saltare interi passaggi nel processo di sviluppo approdando direttamente alle ultime tendenze tecnologiche.
Un esempio concreto ci viene, giusto per citare un caso, dalle reti di comunicazione; molti stati africani non hanno mai sviluppato una rete fissa (come invece hanno fatto i paesi del blocco occidentale) e quindi si sono orientati direttamente allo sviluppo delle reti mobile. Allo stesso modo, proprio in virtù a questa tendenza a spingere sull’innovazione che sta caratterizzando negli ultimi anni il continente africano, il Ghana ha proprio di recente autorizzato la Commercial Bank (il più grande gruppo bancario del paese) a emettere una propria moneta digitale. Tornando alla possibilità che il Ghana decida di emettere una propria CBDC in un prossimo futuro, questa, stando a quanto riferito da Addison, potrebbe assomigliare molto a una sorta di stablecoin, più che a una vera e propria criptovaluta decentralizzata come, ad esempio, è bitcoin. Come abbiamo già scritto in numerosi altri post, per concludere, è proprio il sud del mondo il cuore pulsante della crescita delle monete crittografate, dall’america latina, passando per l’africa, fino al sud-est asiatico, infatti, sono proprio i paesi più poveri quelli in cui le criptovalute dispiegano in maniera più evidente i loro principali vantaggi. Occorre quindi certamente guardare con attenzione a ciò che succede nei paesi leader a livello tecnologico (USA, Cina, Corea del Sud e Giappone) ma è altrettanto interessante osservare quello che succede in scenari differenti, come appunto quello africano, dove la spinta a integrare la tecnologia nella quotidianità dei cittadini è ancora più forte che altrove.
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