La pandemia di Coronavirus ha avuto (e sta avendo) un impatto devastante sui mercati finanziari e sull’economia di quasi ogni parte del mondo. Qual è stato l’andamento del Bitcoin durante la fase critica della pandemia di Coronavirus?
Considerando che nel mondo il Covid-19 ancora è in fase acuta, oggi analizziamo il comportamento del Bitcoin durante il periodo di quarantena vissuto in Italia e in gran parte d’Europa.
Bitcoin vs Coronavirus: il calo iniziale
Nei primi giorni di marzo 2020 il Bitcoin ha reagito come il mercato azionario, ovvero perdendo molto terreno scendendo da 9.134 dollari (6 marzo) a un punto minimo a quota 3.869 dollari (13 marzo).
Il primo risultato della pandemia di Coronavirus è stato quindi un vero e proprio crollo della quotazione del Bitcoin, che però non era destinata a durare. Infatti non molti se lo aspettavano, ma il Bitcoin ha poi iniziato un rally verso l’alto.
Il primo crollo ha suscitato un po’ di preoccupazione perché poteva essere un banco di prova per la principale criptovaluta e inizialmente stava apparendo come un asset finanziario poco solido.
In realtà il Bitcoin si è comportato proprio come il mercato azionario, la paura ha preso il sopravvento e molti possessori di BTC decisero di vendere e monetizzare.
La criptovaluta sotto quota 4.000 dollari però era un’occasione troppo ghiotta per molti investitori, come vedremo.
Il recupero del Bitcoin durante la pandemia di Covid-19
Dal 13 marzo 2020 (punto più basso) il Bitcoin ha vissuto giorni tra quota 4.000 e 6.000 dollari, per poi iniziare un trend crescente il 18 marzo, ancor prima del picco pandemico.
In tutto il mese di aprile 2020 il Bitcoin ha conosciuto una gran ripresa raggiungendo prima i 7.000 dollari e infine il 30 aprile tornando a quota 9.000, sostanzialmente chiudendo il gap.
Il Bitcoin era quindi tutt’altro che morto, è stato considerato un asset vincente da moltissimi investitori provenienti da tutto il mondo.
L’appeal del Bitcoin lo ha portato non solo a recuperare il gap, ma ad avere un risultato successivo non indifferente, ovvero la poca volatilità e la solidità.
Nei mesi di maggio, giugno e luglio il prezzo del Bitcoin è oscillato da 8.000$ a 10.000$, rimanendo perlopiù intorno a quota 9.000 dollari. Negli ultimi mesi il Bitcoin è un asset poco volatile (rispetto a come lo abbiamo conosciuto, ovviamente), ma solido e che conserva una propria area di prezzo.
Non è un risultato negativo, ma forse la consapevolezza che non è solo un asset speculativo, bensì una forma di investimento sempre più ricercata.
Perché il Bitcoin ha retto alla pandemia di Coronavirus?
Le motivazioni per questo risultato positivo possono essere diverse, ma cerchiamo a grandi linee possiamo darne tre.
Il Bitcoin ha affrontato il terzo halving della sua storia nel maggio del 2020. Sia la preparazione a questo evento, sia la conseguenza dello stesso potrebbero aver spinto il prezzo della criptovaluta a crescere o comunque a mantenersi alto. Infatti l’halving ha portato a ricompense ridotte per i miner e la creazione di nuovi bitcoin più limitata.
Come anticipato il mercato azionario inizialmente era crollato, ma a differenza del Bitcoin non tutti i titoli hanno recuperato il terreno perso. Infatti molte società hanno sofferto il lockdown e la pandemia e potrebbero non riprendersi, in ogni caso non in tempi brevi. Il Bitcoin potrebbe aver tratto forza dalla debolezza degli altri asset finanziari, ergendosi a bene più solido.
Infine potremmo dire che il Bitcoin ha raggiunto la sua dimensione in questo periodo in questa fascia di prezzo, dunque fisiologicamente una quotazione sotto i 4.000 dollari, raggiunta all’inizio della pandemia di Coronavirus, ha portato naturalmente gli investitori a comprare questo asset considerato al tempo sottostimato.
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