Un ETF blockchain presentato in Cina il 24 Dicembre, ma non è tutto oro ciò che luccica

La notizia è ufficiale, confermata dalla China Securities Regulatory Commission, il 24 Dicembre scorso Shenzhen Penghua Fund (un gestore patrimoniale) ha presentato alle autorità cinesi una proposto per il lancio di un ETF agganciato a un paniere di titoli quotati in borsa relativi ad aziende attive nell’industria blockchain. Qualora la richiesta venisse approvata si tratterebbe del primo ETF del genere a sbarcare in Cina; bisogna comunque considerare che questo strumento non avrebbe nulla a che fare con le criptovalute e, anzi, sarebbe pienamente organico alla visione del governo cinese che vede il mercato delle cripto nettamente distinto da quello delle aziende blockchain. Contestualmente alla richiesta del fondo Penghua la borsa di Shanghai ha lanciato il Blockchain 50 index, un indice composto dalle prime 50 aziende per capitalizzazione del mercato; le aziende quotate sono attive in diversi settori, dallo sviluppo hardware a quello di applicazioni blockchain, fino ad arrivare all’erogazione di servizi. Anche in questo caso, comunque, la creazione di questo indice non ha nulla a che vedere con le criptovalute e, pertanto, non è il caso di farsi prendere dall’entusiasmo; non è un caso, infatti, che i mercati non abbiano minimamente reagito a queste notizie, il motivo è semplice, non cambiano di una virgola lo scenario futuro per quel che riguarda il mondo delle cripto.

Il governo cinese, quindi, continua a seguire una linea se non proprio di avversione alle criptovalute comunque orientata alla prudenza, a differenza di quanto accaduto alla tecnologia blockchain che, invece, è stata sdoganata come centrale per la crescita del paese da Pechino; non stupisce, in questo senso, che la banca centrale cinese sarà la prima al mondo a lanciare una propria CBDC, dimostrando di essere aperta all’innovazione ma non disponibile a perdere il monopolio sull’emissione di moneta. Proprio la banca centrale cinese, infatti, si è rivelata particolarmente impegnata a precisare che l’emissione di uno yuan digitale non va confusa in alcun modo per un’apertura nei confronti di Bitcoin (BTC), ne di altre monete più o meno decentralizzate o, ancora meno, nei confronti delle stablecoin, tutti strumenti che il governo considera meri asset speculativi privi di qualunque utilità; volendo possiamo comunque considerare tutto questo come un piccolo passo in avanti, del resto fino a qualche anno fa anche la tecnologia blockchain veniva comunemente screditata dalle istituzioni (non solo cinesi), per cui a molti sembra ormai inevitabile che dopo l’apertura di credito a beneficio della tecnologia sia solo questione di tempo prima che arrivi un’apertura anche a favore delle criptovalute.

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