Che Ripple sia impegnata in una massiccia campagna di lobbying negli Stati Uniti per favorire l’adozione di una regolamentazione che consenta la diffusione delle criptovalute nel paese è cosa nota da diversi mesi, almeno sin da quando ha deciso di aprire una nuova sede a Washington (capitale e centro nevralgico delle scelte politiche USA); è notizia più recente, invece, la sinergia stretta tra la stessa Ripple e l’exchange di criptovalute Gemini per rendere tale azione più efficacie. Come riferito da Cointelegraph con un articolo pubblicato qualche ora fa, infatti, le due società intendono far progredire l’intero ecosistema delle cripto in USA sponsorizzando una regolamentazione che favorisca l’adozione delle cripto nel paese. In una dichiarazione congiunta da parte di Rachel Nelson, (senior director e consigliere associata di Coinbase), e della responsabile dei mercati istituzionali globali di Ripple, Breanne Madigan, (guarda caso proprio due donne, giusto per mandare a stendere la vulgata sul maschilismo nel mondo delle cripto) hanno affermato che:
“Per migliorare l’integrità del mercato e fornire ai consumatori la fiducia che meritano, il Congresso potrebbe dover adottare una legislazione per supportare il funzionamento ordinato e sicuro dei mercati delle criptovalute. Tale legislazione potrebbe espandere l’autorità della Commissione per le negoziazioni di futures su commodity (CFTC) per includere la regolamentazione e il controllo dei mercati dei cambi degli asset crittografici.”
Quello di Ripple, chiaramente, non è semplice altruismo, la società infatti non sta facendo altro che tutelare i propri interessi; come noto, infatti, XRP (la moneta nativa di ripple) rischia di essere equiparata a una security e attualmente sono in corso diverse cause che la vedono citata in giudizio proprio con l’accusa di aver rilasciato il proprio token eludendo la normativa che regolamenta l’emissione dei titoli. Se i giudici dovessero decidere che XRP è un titolo a quel punto la moneta finirebbe sotto le grinfie della SEC e questo implicherebbe una serie di oneri enormi per la società, in termini di adeguamenti normativi, oltre che il pagamento di risarcimenti milionari; qualora i giudici dovessero esprimersi in favore dei querelanti, infatti, è molto probabile che negli USA partirebbe una class action contro ripple e a quel punto le spese da sostenere per il consorzio R3 diventerebbero astronomiche. Anche per questo lo scorso 23 Gennaio Ripple, in partnership proprio con Gemini, ha voluto lanciare un gruppo di lavoro il cui scopo è proprio evidenziare, da un lato, come la gestione di un exchange negli USA sia diventata una corsa ad ostacoli e, dall’altro, come le aziende e gli operatori del settore (trader inclusi) necessitono di un quadro normativo capace di rafforzare il mercato, la fiducia dei consumatori e l’adozione delle criptovalute nel paese.
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