L’operazione, soprannominata Goldfish Alpha, ha coinvolto ben dieci distinte forze di polizia in altrettanti paesi dell’Asia ed ha portato ad identificare qualcosa come 20mila router infetti; come riferito da TrendMicro, che ha seguito l’operazione, le autorità di Cambogia, Indonesia, Filippine, Brunei, Laos, Singapore, Tailandia, Malesia, Myanmar e Vietnam, coordinate dall’interpol, hanno così portato a conclusione un’indagine durata cinque mesi e il cui scopo era frenare l’epidemia di cryptojacking che, sfruttando una vulnerabilità dei router MicroTik, stava ormai dilagando in tutto il continente. Come detto le autorità sono riuscite ad identificare ben 20mila macchine infette e hanno quindi prontamente aiutato i legittimi proprietari a rimuovere la minaccia; è stata la stessa TrendMicro a preparare un documento di orientamento distribuito alle vittime per aiutarle a correggere la vulnerabilità e a disinstallare coinhive, il software malevolo che minava criptovalute a loro insaputa. In questo momento si stima che solo il 78% dei router infetti sarebbe stato riparato, le autorità sono quindi ancora al lavoro per risolvere definitivamente la minaccia; a sostegno dell’interpol, in questa operazione, anche un ente privato (il Cyber Defense Institute) che ha voluto successivamente rimarcare quanto la capacità di coordinamento tra forze di polizia a imprese attive nel campo della sicurezza informatica sia diventata al giorno d’oggi di cruciale importanza.
Difficilmente, infatti, senza il supporto di personale qualificato privato le forze di polizia avrebbero potuto condurre da sole un’operazione complessa come quella di cui stiamo parlando; della stessa opinione anche il direttore del dipartimento contro il crimine informatico dell’interpol, Craig Jones, il quale ha sostenuto che solo combinando l’esperienza e i dati sulle minacce informatiche a disposizione del settore privato con le capacità investigative delle forze dell’ordine è possibile sviluppare strategie efficaci di contrasto al crimine informatico. Man mano che il digitale diventa sempre più centrale nelle nostre vite, quindi, il tema della sicurezza informatica diventa sempre più rilevante, cosa della quale, però, moltissime persone non sembrano rendersi conto; basta vedere l’uso che più o meno tutti fanno dei propri dispositivi, per non parlare del modo in cui vengono scelte le password per accedere ai vari siti, per rendersi immediatamente conto di quanta poca cultura della sicurezza ci sia in giro. Le persone usano continuamente dispositivi connessi alla rete ma, nella migliore delle ipotesi, per quanto riguarda la sicurezza dei propri dispositivi non vanno oltre l’installazione di un banale antivirus; se è vero, quindi, per concludere, che è necessario favorire la capacità di coordinamento tra forze di polizia ed aziende del settore è però anche vero che nessuna strategia di contrasto al crimine informatico sarà mai possibile senza prima pervenire a una necessaria alfabetizzazione informatica delle masse.
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