La prima ad arrivare sulla notizia è stata Reuters, che ha estratto i dati grazie a CoinShare, il mining bitcoin cinese è arrivato a toccare un nuovo massimo rappresentando da solo il 66% dell’hash rate a livello globale; di questo 66% più della metà, come abbiamo già avuto più volte modo di spiegare, si concentra nella provincia cinese dello Sichuan grazie ai bassi costi dell’elettricità che sono, a loro volta, il prodotto dell’elevata disponibilità di energia idroelettrica in questa zona durante la stagione delle piogge. Il surplus di energia prodotta, in altre parole, viene impiegato nel mining, anche per questo da anni la comunità contesta l’ipotesi di un eccessivo consumo elettrico della rete perché gran parte della potenza di calcolo proviene o dall’autoproduzione di energia o dall’assorbimento del surplus energetico degli impianti rinnovabili. Nonostante negli ultimi mesi l’hash rate della rete bitcoin sia aumentato in maniera importante, però, il fatto che si concentri in maniera così evidente in Cina rappresenta comunque una criticità; la sicurezza della rete, infatti, non dipende solo dalla potenza di calcolo espressa ma anche dalla sua grandezza. Vero che un elevato hash rate della rete contribuisce a rendere molto più oneroso un attacco 51% ma è anche vero che se tutta questa potenza di calcolo si concentra in un solo posto pur non potendo parlare di una vera e propria centralizzazione resta che, se un domani a causa di un qualunque problema venisse a mancare l’hash rate oggi concentrato nello Sichuan questo provocherebbe un tracollo della potenza di calcolo.
Un’altra criticità che spesso viene sottostimata è l’enorme influenza che Bitmain ha nella produzione di hardware destinato al mining; si stima infatti che il colosso cinese rappresenti da solo il 75% del mercato globale di produzione hardware destinato al mining di bitcoin, una situazione che, speriamo, possa normalizzarsi a seguito dell’ascesa di Canaan, altro colosso cinese che sta tentando di rosicchiare quote di mercato a Bitmain. Insomma, nonostante l’hash rate della rete bitcoin continui a crescere le criticità sono ancora presenti e la rete deve ancora maturare molto per sanare questo tipo di limiti; è auspicabile, quindi, che il numero di nodi a livello internazionale aumenti, che nascano nuove aziende anche in occidente capaci di competere con i colossi cinesi del mining e che la potenza di calcolo risulti essere prodotta in maniera più capillare a livello globale, evitando quindi che si concentri in una singola area geografica. Ci vorrà ancora tempo per raggiungere questi obiettivi, tuttavia la riduzione dei costi per l’hardware, unitamente alla riduzione dei costi per l’autoproduzione di energia, potrebbero costituire due fattori capaci, da soli, di favorire una crescita della rete più capillare e decentralizzata; è questo un aspetto fondamentale nel lungo percorso verso l’adozione di massa a bitcoin.
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