L’analisi è stata prodotta da Diar e pubblicata sul sito un paio di giorni fa (in data 3 Giugno); Diar è una società che si occupa di produrre analisi e report per definire quali sono gli sviluppi più significativi all’interno dell’industria blockchain a livello globale con l’intento di fornire informazioni che consentano a istituzioni e investitori di prendere in maniera consapevole le loro decisioni in un settore che è in continua evoluzione sia a livello finanziario che normativo. Il report diffuso da Diar mostra come quasi il 60% di tutti gli scambi in USDT (a livello globale) avvengano in Cina mentre nel corso del bear market 2018 questa percentuale si era fermata al 39%; solo nel 2019 il colosso asiatico ha movimentato qualcosa come 10MLD di tether negli scambi di criptovaluta, mentre gli USA (l’altro grande player del settore) hanno movimentato appena, si fa per dire, mezzo miliardo di token.
Cina: Capitale mondiale degli scambi in USDT
Binance e Bitfinex, poi, movimentano da soli il 31% delle negoziazioni, rappresentando così le due principali piattaforme di trading al mondo (ovviamente per quel che riguarda gli scambi in usdt). Il senso di questo report è soprattutto screditare altre analisi che sostengono che circa l’85% dei volumi di criptovalute scambiate a livello globale siano in realtà falsi, mentre con questa ricerca Diar vuole indagare l’attività di trading reale e non solo quella dovuta alle operazioni delle così dette balene. Insomma, secondo l’analisi di Diar il mercato delle cripto, misurato osservando gli scambi con USDT, si compone di volumi che sarebbero in larga misura reali e non pilotati da algoritmi il cui scopo sarebbe quello di far apparire i volumi più importanti di quanto non siano in realtà.
Il problema, ovviamente, consiste nel fatto che la maggior parte dei trader non possiede adeguate competenze per definire quali report siano più attendibili, se quelli che denunciano che il grosso dei volumi sono in realtà fasulli o se, viceversa, quellii che, come nel caso di Diar, sostengono l’esatto contrario; io stesso sono in difficoltà quando metto le mani su questi report perché sembrano sinceramente tutti abbastanza credibili, nonostante nei risultati finali si discostino pesantemente gli uni dagli altri. Alla fine l’unica cosa che possiamo fare è decidere, spesso sulla base del semplice intuito, di chi vogliamo fidarci, prendendo conseguentemente per buoni i dati che vengono riportati; questo è un problema che riguarda non solo le cripto, ma direi che è proprio un fenomeno tipico della contemporaneità.
Quasi ogni settore ormai è caratterizzato da ricerche e analisi che affermano tutto e il contrario di tutto, che sono spesso in contrapposizione tra loro e che non fanno altro che confondere ulteriormente le idee all’opinione pubblica; le criptovalute non fanno eccezione in questo senso. Dal momento che, per concludere, ci sono sia report che denunciano che i volumi di cripto scambiate sono in larga parte fasulli, sia report che certificano che larga parte di tali volumi sono veri, a noi non rimane che decidere di chi fidarci ignorando chi sostiene il contrario; e siamo quindi di nuovo nel campo della fiducia che, come noto, di scientifico ha quasi nulla.
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