Il Bitcoin ha già superato i 110.000 dollari e molti analisti iniziano a credere che il suo viaggio sia tutt’altro che finito. Anzi, secondo diverse previsioni, la criptovaluta regina potrebbe addirittura toccare quota 200.000 dollari entro 12 mesi. Fantascienza? Non proprio. Ci sono almeno quattro fattori concreti che potrebbero alimentare un nuovo rally dirompente.
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Tassi d’interesse in calo: il vento cambia per le criptovalute
Negli ultimi anni, i rialzi dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve hanno raffreddato drasticamente il mercato crypto. Il capitale si è spostato verso asset più sicuri e meno volatili, dando vita a quello che molti hanno definito un vero e proprio “inverno cripto”. Ma ora lo scenario è cambiato.
Nel 2024, la Fed ha già tagliato i tassi tre volte, e il mercato si aspetta almeno altri due tagli entro la fine del 2025, a meno che l’inflazione non torni a salire bruscamente. Un’inflazione più sotto controllo aprirebbe la strada a una politica monetaria più espansiva, riportando liquidità e fiducia sui mercati ad alto rischio, come quello delle criptovalute.
Non solo: tassi più bassi implicano anche un dollaro più debole, e un biglietto verde meno forte tende a valorizzare asset alternativi come l’oro e, sempre più spesso, il Bitcoin, visto da molti come una riserva di valore digitale.
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Adozione istituzionale: da El Salvador al Tesoro USA
Se fino a poco tempo fa l’adozione di Bitcoin come valuta ufficiale sembrava un’eccezione esotica (El Salvador e la Repubblica Centrafricana sono ancora casi isolati), oggi lo scenario sta mutando. Gli Stati Uniti hanno creato una riserva strategica di Bitcoin, utilizzando le criptovalute sequestrate in ambito giudiziario, e stanno studiando modalità per accumularne di più senza ricorrere a fondi pubblici.
Nel frattempo, altri Paesi come Bhutan, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita stanno silenziosamente aumentando le loro riserve di Bitcoin, trattandolo sempre più come una nuova forma di oro digitale. Se questa tendenza continuerà, potrebbe creare pressioni al rialzo durature sulla domanda e quindi sul prezzo.
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Il meccanismo dell’halving continua a fare il suo lavoro
Ogni quattro anni, il meccanismo di halving del Bitcoin riduce del 50% i premi ottenuti dai miner per la validazione dei blocchi. L’ultimo halving è avvenuto nel 2024, e storicamente l’anno successivo a questo evento ha sempre visto forti aumenti di prezzo.
È vero, il ritmo di crescita post-halving sta rallentando rispetto al passato, ma per arrivare a 200.000 dollari oggi basterebbe un rialzo del 211% rispetto al prezzo del Bitcoin durante l’ultimo halving e “solo” un +80% rispetto ai valori attuali. Uno scenario tutto sommato plausibile, se si considera l’effetto scarsità e l’ingresso di nuovi capitali.
Fondi e istituzioni sempre più coinvolti
Secondo dati recenti di EY-Parthenon, circa il 75% degli investitori istituzionali ha attualmente meno del 5% del proprio portafoglio in Bitcoin o altre criptovalute. Ma la tendenza è in evoluzione.
L’aumento dell’interesse da parte di grandi fondi, banche e società quotate potrebbe spingere questi attori a rivedere le loro allocazioni, portandole anche solo al 10% del portafoglio totale. Questo cambiamento avrebbe un impatto enorme sulla domanda globale di Bitcoin e potrebbe spingerne il prezzo ben oltre i livelli attuali.
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