Una delle caratteristiche più evidenti di Bitcoin nel prendere le distanze dalla moneta fiat è quella di risultare “attivo” del possessore senza essere al contempo “passivo” di qualcun altro. Di fatto, anche essendo un valore numerico salvato sulla blockchain, una somma in bitcoin non può essere paragonata ad un credito in quanto non costituisce un diritto ad ottenere una somma in contanti.

Viceversa, sia la moneta scritta prodotta dalle banche commerciali sia la moneta metallica emessa dalle banche centrali provocano un passivo per la banca, ossia un debito che la banca stessa si impegna a convertire in contanti. La moneta elettronica attuale è un numero registrato su di un conto corrente di un utente presso la banca che fornisce il diritto di prelevare in contanti una determinato importo equivalente.

Pure le monete rilasciate dalle banche centrali sono un passivo per l’istituto centrale, in quanto quest’ultimo è soggetto a rispondere del loro valore, modulandone l’emissione per mantenere relativamente stabile il valore d’acquisto. Da questo punto di osservazione, il bitcoin assomiglia di più all’oro che alla moneta tradizionale.

Il metallo prezioso è attivo di chi lo possiede senza essere passivo di qualcun altro. Tale qualità trasforma la divisa digitale in un bene privato, anche rispetto ad un sistema di transazioni che hanno natura pubblica e condivisa; in buona sostanza il possesso di bitcoin è la detenzione esclusiva di “qualcosa” per la quale il detentore non deve niente a nessuno.

Inoltre, il bitcoin ha in comune con l’oro un’altra peculiarità importante, ovvero la scarsità. Tuttavia, mentre per l’oro abbiamo una scarsità naturale dovuta alla sua disponibilità limitata in natura e alle difficoltà di estrazione, per bitcoin si parla ad hoc di scarsità artificiale, perché la componente di limitatezza è stata voluta ed implementata nel codice sorgente di bitcoin direttamente dal suo ideatore.

In estrema sintesi, se l’oro è di per sé scarso, il bitcoin è stato progettato per essere scarso. Tutto questo è minutamente descritto nel White Paper, il protocollo – statuto di bitcoin: la somma complessiva di bitcoin in circolazione aumenterà man mano fino a stabilizzarsi, restituendo oltre al resto complessità crescenti nall’attività di estrazione di nuovi bitcoin nel momento in cui ci si avvicina alla cifra prestabilita. Invero, pare proprio che Satoshi Nakamoto avesse voluto replicare le difficoltà di estrazione che caratterizzano la produzione dell’oro.

La figura in basso mostra l’incremento nel tempo del numero totale di bitcoin in circolazione. Come si può osservare è prestabilito che la velocità di emissione di nuovi bitcoin si dimezzerà ogni 4 anni, per poi mantenersi costante e stabilizzarsi intorno al 2033 alla cifra di 21 milioni di bitcoin.

Una scelta quest’ultima che ha degli effetti precisi sulla politica monetaria implicita al progetto della criptovaluta.

Per garantire l’uso anche di transazioni di piccolo ammontare si è dato modo a bitcoin di avere fino a 8 decimali (0,00000001 – l’ultima cifra decimale è stata denominata “Satoshi”, in onore del suo creatore.).

In seguito, nel momento in cui i bitcoin saranno esauriti, perché si prevede un graduale aumento del controvalore in valuta legale, i decimali potrebbero anche crescere. Un bene dunque come l’oro, determinato nella quantità ed infinitamente divisibile.

Sotto alcuni aspetti la similitudine tra oro e bitcoin potrebbe apparire forzata. Una importante confutazione in tale direzione sta nella circostanza per cui la divisa digitale crittografata non è un bene tangibile e materiale, pertanto non ha un vero e proprio valore intrinseco: ad esempio non può essere lavorata per creare gioielli od altri prodotti di valore. 

Ciò nonostante, da parte dei teorici del settore, si tende a sostenere il parallellismo tra il metallo giallo e la cripto, in quanto le procedure di conferimento di valore del bitcoin sono simili a quelle per l’oro. Alla pari dell’oro, infatti, anche il valore di bitcoin è funzione della capacità di essere accettato come mezzo di pagamento, oltre che della sua scarsità. E’ l’utenza delle rete bitcoin a creare domanda e quindi a contribuire al valore della divisa digitale. Bitcoin ha un valore di acquisto solo c’è chi è disposto a ricevere token virtuali in cambio di qualcosa di utile, proprio come accade per l’oro.

Concludiamo ponendo l’accento sul fatto che prima dell’avvento delle criptovalute la moneta circolante era suddivisa in due categorie principali: le valute fisiche (il contante) e le valute elettroniche. Il contante ha il vantaggio di essere facilmente accessibile da chiunque, mentre la moneta elettronica ha introdotto numerose prerogative e consente pagamenti a distanza tramite internet.

Il fine ultimo di bitcoin risiede nel tentativo di inserirsi a cavallo di queste due monete, contemperando i vantaggi dell’una e dell’altra tipologia. In ragione di ciò bitcoin è stato anche ridefinito come contante digitale, perché prova ad implementare tutte le agevolazioni elettroniche tipiche della moneta digitale, mantenendo al tempo stesso l’anonimità tutelata dalla moneta fisica. Tanto è vero che colui che usufruisce del contante tradizionale non ha il dovere di indicare la propria identità, né il beneficiario o la causale di pagamento.

Di Vincenzo Augello

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