Chi ci segue abitualmente magari ricorderà il nostro articolo di qualche tempo fa col quale rendevamo conto della causa, approdata alla corte suprema dell’india, contro il comportamento delle banche indiane, su mandato della banca centrale, teso ad ostacolare l’attività degli operatori professionali di criptovalute; non si trattava solo di impedire agli exchange l’apertura di conti, a fare le spese degli atteggiamenti intimidatori delle banche erano, ma sarebbe meglio dire sono, visto che la situazione non è cambiata, anche i piccoli trader. Il divieto imposto dalla banca centrale indiana, entrato in vigore da luglio 2018, ha suscitato lo sdegno della comunità delle criptovalute a livello globale, mentre a livello locale i bitcoiners si sono mossi attraverso petizioni pubbliche e appelli presso i tribunali contestando che tale modo di operare da parte della banca centrale fosse incostituzionale; la vertenza è dunque arrivata fino alla corte suprema dell’India, dalla quale proprio in questi giorni si aspettava una pronuncia, dopo che già c’erano state alcune timide aperture, ma che ha invece deciso di concedersi altro tempo per prendere una decisione. A guidare e sostenere i bitcoiners indiani nella loro lotta contro la banca centrale è IAMAI (acronimo di Internet and Mobile Association of India), un ente senza scopo di lucro il cui mandato è quello di espandere e migliorare i settori dei servizi a valore aggiunto online e mobile e di fare appello al governo per conto di consumatori, azionisti e investitori del settore Internet.
Molti osservatori che vivono in India hanno comunque rimarcato come le cose stiano prendendo una piega positiva per il semplice fatto che la corte suprema non ha rigettato la causa, ma l’ha accolta e la sta analizzando, del resto già in passato erano emerse alcune indiscrezioni relativamente al fatto che il comportamento tenuto dalla banca centrale indiana, stando alle leggi locali, travalicava i confini del suo mandato istituzionale. La situazione nel paese, in ogni caso, è abbastanza caotica e gli sviluppi, allo stato attuale delle cose, sono decisamente imprevedibili; in ballo, tra le altre cose, c’è un disegno di legge, mai presentato ufficialmente ma che in qualche modo ha iniziato a circolare lo scorso autunno, che prevede il ban completo delle criptovalute in India. Intanto gli operatori del settore stanno tentando di premunirsi, alcuni hanno proprio chiuso i battenti, per evitare di finire travolti da cause legali che li avrebbero rovinati, altri ancora hanno semplicemente spostato la propria sede all’estero mentre gli exchange più cauti si sono limitati a chiudere la possibilità di commerciare con valute fiat e consentono solo gli scambi cripto-cripto. In attesa che la corte suprema indiana finalmente si esprima su questa questione, e nella speranza che il governo non finisca col varare una legge estremamente restrittiva nei confronti delle criptovalute, non ci rimane che sperare che i bitcoiners indiani riescano a vincere la loro battaglia legale contro la banca centrale, facendo così valere i propri diritti nelle sedi opportune.
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