Come riportato qualche ora fa da Business Korea il Comitato presidenziale per la quarta rivoluzione industriale ha raccomandato alle istituzioni sudcoreane di permettere che le istituzioni finanziarie lancino sul mercato prodotti finanziari il cui andamento è agganciato a quello delle criptovalute; dal momento che gli asset crittografici hanno ormai dimostrato che non intendono sparire tanto vale, è la tesi del comitato, consentire la loro istituzionalizzazione anche al fine di evitare che i cittadini sudcoreani debbano ricorrere a servizi di terze parti stranieri per la custodia delle loro monete. Le novità, però, non sono finite qui perché, come riportato da Business Korea, nello stesso documento si consiglia anche la quotazione diretta di bitcoin sulla borsa di Busan e l’introduzione di licenze ad hoc per da rilasciare agli scambi attivi nel paese. Sempre il comitato presidenziale per la quarta rivoluzione industriale rimarca, poi, come il trading intraday di criptovalute abbia generato a partire da maggio 2019 qualcosa come 68mld di dollari di profitti nel mondo, di conseguenza è semplicemente impensabile che la giostra si fermi; intanto la politica sudcoreana continua a chiedere una regolamentazione adeguata del settore, il che sembra paradossale se pensiamo alla situazione in cui ci troviamo invece in Italia.
La Corea del Sud, infatti, si è già dotata di una discreta regolamentazione e, nonostante questo, la pressione a fare ancora di meglio è rimasta alta, mentre nel nostro paese di questi temi quasi non si discute; certamente la normativa sudcoreana non è perfetta, ma è comunque degna di nota la spinta all’innovazione che si respira in questo paese e che si configura anche, tra le altre cose, proprio attraverso la volontà delle istituzioni di aprirsi completamente al mercato delle criptovalute, ancora più di quanto non sia stato fatto fino a questo momento. Basti pensare, tra le altre cose, che il governo della Corea del Sud continua a sostenere di non avere gli stremi legali per tassare la rendita finanziaria che deriva dai profitti ricavati facendo trading sulle criptovalute; nel paese, quindi, proprio la non tassazione di questi strumenti è stata complice della loro diffusione e ciò ha comunque permesso al governo di incassare qualcosa come 70mln di dollari semplicemente tassando il principale exchange sudcoreano. In attesa che le istituzioni italiane, e quelle europee, si diano una svegliata e si rendano conto che ci stanno facendo perdere un treno di quelli che passano una sola volta nella vita, quindi, non ci resta che continuare a guardare alla Corea del Sud come a un modello da seguire, sperando che al più presto la stessa apertura di credito nei confronti del mondo delle criptovalute possa registrarsi anche in Europa.
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