Peter Dutton, ministro australiano degli affari interni, ha rilanciato durante la conferenza antiterrorismo in corso oggi a Melbourne, il vecchio luogo comune (chiaramente sempre senza lo straccio di una prova) secondo cui bitcoin favorirebbe il finanziamento del terrorismo internazionale. Dutton ha dichiarato, dimostrando la propria incompetenza, che l’anonimato delle criptovalute consente ai terroristi di eludere i controlli e già qui ha fatto un primo sfondone di dimensioni galattiche; le cripto anonime sono una sparuta minoranza, bitcoin stesso è pseudo-anonimo, mentre il grosso delle criptovalute in circolazione è perfettamente trasparente. La realtà dei fatti, poi, ci dimostra che tutti questi ferrei controlli, tanto mitizzati dalle istituzioni di ogni parte del mondo, sono completamente inefficaci, tant’è vero che il terrorismo esiste, acquista armi, munizioni, mezzi e spesso a finanziare il terrorismo internazionale sono proprio i governi; sono notorie, ad esempio, le relazioni tra le grandi potenze del golfo persico e il terrorismo jihadista, potenze con cui l’occidente (con gli USA in testa, e l’Europa che segue a stretto giro di posta) intrattiene continui, sistematici e profittevoli rapporti commerciali. Per farla semplice, noi vendiamo armi alle potenze del golfo e queste poi le girano ai terroristi, è storia vecchia, nota anche ai bambini; stranamente però per i nostri governi ci dicono che i terroristi si finanziano attraverso bitcoin e tacciono sulle connivenze dei loro partner commerciali. Dutton ha poi tirato fuori dal cilindro una serie di affermazioni che noi italiani conosciamo bene, visto che sono le tesi di una certa parte della nostra politica, scagliandosi contro no profit e enti di beneficenza sostenendo che anche loro sono spesso canali di finanziamento occulti per il terrorismo internazionale; una persona del genere, francamente, andrebbe ricoverata in un reparto psichiatrico e invece fa il ministro degli interni. Del resto Dutton è famoso in Australia per essere un personaggio sopra le righe, preso più volte di mira dalla satira feroce di Juice Media (guidata per altro dall’italiano Giordano Nanni) di recente si è coperto di ridicolo affermando che gli ambientalisti dovrebbero pagare il costo del dispiegamento delle forze di polizia durante cortei e manifestazioni. In ogni caso il ministro australiano è in ottima compagnia, di recente il governatore della banca centrale filippina, Benjamin Diokno, ha sostenuto le medesime tesi, peccato solo che le Filippine siano attualmente guidate da un genocida, Rodrigo Duterte, che con le sue politiche reazionarie e dittatoriali ha cagionato direttamente la morte di oltre 7000 filippini con quella che definisce “guerra alla droga” ma che in sostanza non è altro che l’autorizzazione concessa dal governo filippino alla polizia di giustiziare i cittadini che consumano sostanze stupefacenti. L’Australia stessa è stata di recente accusata dall’ONU di violare sistematicamente la Convenzione internazionale contro la tortura detenendo illegalmente minori immigrati e richiedenti asilo sull’isola di Manus facendo ricorso a metodi violenti e inumani. Siamo quindi di fronte a paesi che violano sistematicamente i diritti umani ma che si fanno paladini della giustizia e della lotta al terrorismo internazionale, un terrorismo che spesso finanziano direttamente salvo poi puntare il dito contro bitcoin; nulla di nuovo, in ogni caso, l’ipocrisia dei governi di tutto il mondo è cosa nota anche ai sassi.
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