Nelle ultime settimane stanno emergendo le posizioni di un numero sempre maggiore di osservatori, anche molto autorevoli, che sostengono non solo che ormai bitcoin sia dichiaratamente un bene rifugio ma che al pari dell’oro il suo prezzo salga in concomitanza con l’acuirsi delle tensioni internazionali; l’ultimo, solo in ordine di tempo, a sostenere lo stesso concetto è stato Chris Reinertsen, direttore marketing presso Rhythm Technologies, in un’intervista pubblicata oggi su Forbes.
Il Bitcoin è sdoganato
In particolare Reinsertsen ha dichiarato che gli investitori ormai hanno incluso bitcoin in una sorta di paniere insieme con altri beni rifugio nei quali investire quando l’aria che tira inizia a diventare cattiva. Più nello specifico la sensazione, allo stato attuale delle cose, è che bitcoin stia crescendo sull’onda della liquidità che gli arriva dagli investitori cinesi che, anche e forse soprattutto a causa delle politiche sui dazi di Trump, vedono la loro valuta fiat svalutarsi sui livelli dei minimi storici e le tensioni con gli USA crescere esponenzialmente; al netto delle questioni meramente economiche, però, io penso che qui il punto non sia tanto se l’economia vada bene o male, penso che sia proprio una questione di fiducia. Sempre più persone, in altre parole, non si fidano più delle proprie istituzioni e, di conseguenza, preferiscono accantonare il proprio denaro in bitcoin; ovviamente quando l’economia va male il clima di sfiducia peggiora ulteriormente mentre, al contrario, quando l’economia è in ripresa la sfiducia smette, almeno fino alla successiva crisi, di dilagare.
E’ un discrimine importante da introdurre, perché secondo il mio punto di vista in passato non sarebbe mai bastata una crisi economica, sia pure pesante come quella del 2008, a rendere bitcoin ciò che è diventato; se oggi la moneta di Satoshi è diventata così rilevante ed è stata capace di costruire intorno a se una fiducia che non sembrava immaginabile è solo perché sono le istituzioni (a partire dai governi) ad aver perso la fiducia dei cittadini. La crisi del 2008, più di ogni altra cosa, ha dimostrato per l’ennesima volta l’incapacità dei governi a farsi trovare pronti quando dovrebbero, cosa che è emersa con ancora maggiore chiarezza qui in Europa dove prima di prendere le necessarie contromisure alla crisi del 2008 si sono persi anni; oggi, quindi, ci troviamo in un’epoca in cui i governi e le istituzioni sembrano più vecchie, inadeguate e lente che mai, ed ecco come e perché si sono generate le condizioni indispensabili al successo di bitcoin.
Riguardando le cose col senno di poi appare veramente un caso più unico che raro il modo in cui gli eventi si sono succeduti creando tutte le condizioni che erano imprescindibili affinchè bitcoin potesse sopravvivere alla prova del tempo; sia da un punto di vista tecnologico, che politico ed economico si è venuta a creare una convergenza di condizioni favorevoli che ha rafforzato bitcoin permettendogli di sopravvivere. Da un punto di vista tecnologico se internet e smartphone non fossero stati già fenomeni di massa probabilmente bitcoin sarebbe rimasto un fenomeno di nicchia, a livello politico il degrado nella qualità della classe dirigente ha favorito l’instaurarsi di un clima di sfiducia mentre la crisi del 2008, a livello economico, ha assestato il colpo di grazia facendo rendere conto a milioni di persone che serviva un’alternativa; se tutte queste cose, in questi tre differenti campi, non si fossero verificate così come si sono verificate, o fossero avvenute con tempistiche differenti, delle due l’una, o Satoshi non avrebbe mai inventato bitcoin (è risaputo che proprio la crisi dei mutui subprime lo spinse a inventare la moneta crittografica) o comunque bitcoin non avrebbe potuto reggere alla prova del tempo.
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