Sono almeno 40 le banche centrali che lavorano a una criptovaluta di stato: lo riferisce un report del World Economic Forum

Ce ne eravamo occupati solo ieri, rilanciando una notizia proveniente dal Pakistan e riferendo di come la banca centrale del paese abbia in progetto l’emissione di una propria valuta virtuale entro il 2025; oggi viene fuori un report del WEF (World Economic Forum) che certifica come siano almeno 40 le banche centrali in tutto il mondo che stanno operando (o comunque sperimentando) per mettersi in condizione di implementare una CBCD (criptovaluta garantita da una banca centrale). Il report cita un secondo documento, rilasciato dal Bank for International Settlements (BRI) e circolato ad inizio anno, in cui si certifica e si ribadisce il grande interesse che le criptovalute stanno calamitando presso alcune delle maggiori istituzioni finanziarie al mondo. Fin qui nulla di strano, si tratterebbe infatti quasi di una non-notizia; a lasciare invece sinceramente spiazzati sono le motivazioni con cui il WEF giustifica questo interesse.

world economic forum

Nuova criptovaluta dalle banche centrali

Il motivo è presto detto, il World Economic Forum demolisce quasi 10 anni di retorica anti-criptovalute e ribadisce quanto tutti i bitcoiners al mondo ripetono ormai imperterriti da anni. Il ricorso alle CBDC, infatti, riduce l’uso del contante, favorisce la lotta all’evasione, è utile nel contrasto delle attività criminali e del riciclaggio di denaro, rafforza il libero mercato per i consumatori contrastando il monopolio delle banche commerciali sui depositi. Si tratta in pratica dell’esatto contrario di quanto tutti noi siamo abituati a leggere sui maggiori giornali economici, l’esatto opposto di quanto da anni ribadiscono fior fior di economisti e premi nobel; ovviamente, come spesso accade, non è tutto oro quello che luccica, c’è il trucco. Il WEF infatti in questo report non fa altro che spingere sull’adozione della tecnologia DLT che, lo ricordiamo, è ben diversa dalla blockchain. Qual è la differenza? Semplice, che le blockchain sono decentralizzate mentre le monete che sfruttano la tecnologia DLT non lo sono ne formalmente ne sostanzialmente. In realtà è proprio questo lo scontro epocale (che è non solo economico, ma anche politico e sociale) che anima i mercati delle criptovalute, la battaglia tra le monete realmente decentralizzate e quelle che lo sono solo in apparenza. Se immaginassimo un futuro in cui le CBDC dovessero soppiantare le valute FIAT tradizionali le cose non sarebbero poi così diverse da come sono oggi; anzi, per certi versi potrebbero anche essere peggiori.

Eh, già, perché questo tipo di tecnologia apre la porta al controllo di massa su ciò che i cittadini fanno con i loro soldi, un controllo che potrebbe essere preventivo e magari, perché no, affidato a un’intelligenza artificiale. Dall’altro lato della barricata, invece, abbiamo le monete realmente decentralizzate, che non hanno bisogno di alcuna istituzione centrale per funzionare, che garantiscono la privacy dei cittadini e sono un vero e proprio argine contro le pulsioni illiberali e reazionarie di tutti quei governi che sognano di poter avere un controllo assoluto e totale su ciò che fanno le persone. C’è di buono che favorendo la nascita di criptovalute di stato diventerebbe impossibile riuscire a mettere un freno (ammesso che sia mai stato realmente possibile) a una moneta come Bitcoin; se il denaro diventasse tutto digitale, in altre parole, cadrebbe l’ultimo muro rimasto a frenare l’adesione di massa a BTC e questo sarebbe uno straordinario incentivo per milioni di persone a prendere pienamente il controllo sul proprio denaro.

Ovviamente, per concludere, il WEF pone anche l’accento sui potenziali rischi che questo tipo di tecnologie rappresentano per il sistema economico, a partire dai ben noti problemi di scalabilità e velocità delle transazioni, fino ad arrivare al rischio sistemico di un potenziale fallimento a catena delle banche commerciali che, come chiunque può facilmente capire, esporrebbe l’economia mondiale a rischi che ad oggi non sono nemmeno forse pienamente quantificabili. Dopo aver passato gli ultimi anni a sentirci ripetere che questa tecnologia era inapplicabile, che non aveva casi d’uso possibili, che serviva quasi a nulla, che era solo una moda destinata a finire presto (neanche stessimo parlando di pokemon) forse finalmente le istituzioni iniziano a capire ciò che ogni bitcoiners degno di questo nome ripete testardamente da anni, che questa tecnologia è destinata a cambiare il modo stesso in cui percepiamo il denaro e, conseguentemente, a produrre una rivoluzione globale come raramente se ne sono viste nella storia dell’umanità.

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