Una pessima notizia per la privacy degli utenti arriva oggi da oltre oceano; sembra infatti che uno dei migliori servizi in circolazione per garantire la riservatezza delle transazioni in bitcoin sia stato sospeso negli stati uniti. Stiamo parlando di XMR.to che usa proprio la più famosa delle criptovalute anonime per aiutare gli utenti a blindare la privacy delle loro transazioni in BTC; il funzionamento di questo servizio è tanto semplice quanto efficace, funziona un po’ come un mixer e non fa altro che convertire gli importi in monero (di modo che si perdano le tracce del mittente) per poi riconvertire nuovamente quello stesso importo in Bitcoin e spedirlo al destinatario. La notizia ha iniziato a circolare a fine marzo con un post su reddit (la fonte è ufficiale); l’azienda che ha sviluppato questo servizio, in pratica, ben consapevole delle pressione che, soprattutto negli USA, il governo sta facendo contro tutti quei servizi che garantiscono o migliorano l’anonimato delle transazioni, ha preferito sospendere l’accesso agli utenti residenti negli stati uniti. XMR.to garantisce un quasi totale anonimato, l’unico dato relativo alle transazioni cui la stessa azienda ha accesso è l’indirizzo IP degli utenti, ma ovviamente basta usare servizi come TOR per aumentare ulteriormente il livello di riservatezza. La notizia è una brutta notizia semplicemente perché dimostra che difficilmente si può garantire la privacy delle transazioni operando nella forma aziendale senza esporsi alle possibili rappresaglie dei governi; chiunque può infatti facilmente immaginare che non esiste al mondo amministratore delegato che trovi superfluo preoccuparsi del rischio di finire indagato per aver finanziato (ad esempio) il terrorismo o il traffico di droga internazionale. Ovviamente gli utenti statunitensi che volessero comunque usare XMR.to per ottenere la massima privacy delle loro transazioni potranno farlo semplicemente usando una VPN, in questo senso la mossa dell’azienda pare chiaramente orientata alla prudenza e sembra quasi uno smacco nei confronti del governo USA, resta però il fatto che questo dimostra come la battaglia per il diritto alla privacy degli utenti sul web presenti molte insidie e non possa essere combattuta pretendendo di farci anche del business perché poi si finisce inevitabilmente a preoccuparsi più delle implicazioni legali e delle conseguenze anche gravi per la propria azienda che di garantire effettivamente il pieno anonimato degli utenti.
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