Il Bitcoin continua ad attrarre capitali da parte di investitori istituzionali e miliardari, ma il suo prezzo sembra restare impantanato in un range ristretto. Una domanda sorge spontanea: se i big stanno comprando a mani basse, perché il valore di Bitcoin non sta salendo alle stelle? La risposta è più complessa di quanto sembri, e riguarda meccanismi di mercato poco visibili e uno scenario macroeconomico turbolento.
I grandi acquisti non sempre spingono il prezzo immediatamente
Negli ultimi mesi, i fondi negoziati in borsa (ETF) legati a Bitcoin hanno registrato afflussi netti per oltre 14,8 miliardi di dollari, con picchi di 1,3 miliardi in soli due giorni. Parallelamente, personalità come Michael Saylor, cofondatore di Strategy (ex MicroStrategy), continuano ad accumulare BTC tramite acquisti massicci condotti fuori mercato, cioè attraverso broker over-the-counter (OTC) che comprano direttamente dai miner o da grandi detentori.
Questa modalità di acquisto ha un impatto minimo sul prezzo visibile sugli exchange tradizionali, perché le transazioni avvengono lontano dai libri ordini pubblici. Lo stesso discorso vale per gli ETF, i cui gestori autorizzati comprano i token direttamente sul mercato OTC o da riserve private.
In parallelo, i miner continuano a immettere nuova offerta, anche se a ritmi ridotti dopo il halving del 2024. Questi operatori, per coprire i costi energetici e di struttura, vendono regolarmente parte della loro produzione. Considerando che molti miner hanno accumulato BTC quando il prezzo era molto più basso, è logico che oggi scelgano di monetizzare parzialmente i profitti per ridurre i rischi in caso di correzioni.
A ciò si aggiungono le prese di profitto da parte di investitori istituzionali e grandi portafogli (“whale”), che approfittano dei rimbalzi per alleggerire le posizioni. Risultato: anche flussi miliardari rischiano di essere assorbiti senza far impennare il prezzo.
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L’incertezza geopolitica e macroeconomica pesa sulle scelte degli investitori
Uno dei principali fattori frenanti per Bitcoin è rappresentato dalle tensioni macroeconomiche globali, soprattutto quelle legate alla politica commerciale statunitense.
Il presidente Trump ha imposto una scadenza all’1 agosto per la revisione degli accordi commerciali con vari partner. Ma questa data continua a slittare e mutare a causa di tweet imprevedibili e minacce di dazi doganali che cambiano a seconda del momento. Gli investitori istituzionali, consapevoli dell’imprevedibilità della situazione, restano in attesa o si muovono rapidamente tra asset rischiosi e liquidità, provocando oscillazioni continue.
Le trattative con la Cina sono un esempio evidente: si è passati da zero a dazi del 100% su alcuni beni in pochi giorni, inclusi componenti per il mining. Anche se Bitcoin stesso non è soggetto a dazi, questo clima di incertezza danneggia il sentiment degli investitori, soprattutto di quelli a breve termine, spingendoli a vendere nei momenti di maggiore tensione.
Secondo alcune analisi, come quelle del Wharton Budget Project, queste politiche potrebbero avere un impatto negativo sull’economia maggiore di un eventuale raddoppio della corporate tax. Previsioni di crescita più deboli scoraggiano i capitali speculativi, alimentando le correzioni a catena su Bitcoin e altri asset volatili.
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Volatilità e visione di lungo periodo: due facce della stessa medaglia
Bitcoin resta un asset altamente volatile, e l’attuale contesto lo conferma. Tuttavia, chi ha una visione di lungo termine sa bene che queste fasi di stagnazione possono rappresentare opportunità di accumulo.
I grandi compratori non temono le fluttuazioni settimanali e continuano ad accumulare BTC per posizionarsi su orizzonti di anni, non settimane. Le correzioni, le incertezze e la bassa reattività del prezzo sono il prezzo da pagare per entrare in un mercato che, storicamente, ha premiato chi ha saputo aspettare.
In sintesi, il fatto che il prezzo non stia esplodendo non significa che Bitcoin non sia sotto accumulo. Al contrario, è spesso durante questi momenti di calma apparente che si pongono le basi per i prossimi movimenti esplosivi. L’importante è mantenere la strategia coerente con i propri obiettivi di investimento, senza lasciarsi condizionare dai titoli del giorno o dalla volatilità a breve termine.
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