Bitcoin tra coronavirus, azionariato in crisi e tensioni geopolitiche

Che il mercato avrebbe vissuto grandi difficoltà quest’inizio anno era cosa ampiamente risaputa, non è un caso, come abbiamo avuto modo di spiegare in diverse occasioni, che Bridgewater (il più grande hedge fund al mondo) abbia scommesso a fine novembre oltre 1mld e mezzo di dollari sul crollo dei mercati entro il mese di marzo; a metterci il carico da novanta, però, sono state le tensioni geopolitiche (con il duro scontro che ha visti coinvolti Iran e USA) e, più di recente, l’esplosione del panico connessa al coronavirus che sta contribuendo non poco a mettere in difficoltà i mercati. Nel tentativo strenuo di difendere ciò che appare essere indifendibile, quindi, le banche centrali di tutto il mondo sono intervenute ad inondare, di nuovo, i mercati di liquidità (per come la vedo io è come voler tappare con un dito la falla in una diga) e, particolare che ha suscitato non poco clamore in queste ultime ore tra gli analisti, proprio la Cina, con la sua banca centrale, ha appena deciso di pompare nel sistema una cifra pari all’intera capitalizzazione di bitcoin (qualcosa come 175mld di dollari). Prima ancora della banca centrale cinese erano intervenute a fare lo stesso la banca centrale europea (ultima mossa da governatore di Draghi prima di lasciare l’incarico) e la FED (sotto pressione del presidente Trump in piena corsa per le politiche di questo autunno). L’annuncio della banca popolare cinese, invece, è arrivato nella giornata di ieri, più precisamente con la dichiarazione che potete leggere qui di seguito:

“Inietteremo 1,2 trilioni di yuan tramite operazioni di pronti contro termine inverse a partire dal 3 febbraio per garantire un sufficiente approvvigionamento di liquidità. La liquidità dell’intero sistema bancario sarà di 900 miliardi di yuan in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso ”

Si tratta di una delle 30 mosse che il governo cinese intende porre in essere nel tentativo di sostenere la propria economia gravemente danneggiata dal dilagare dell’epidemia di coronavirus che ha letteralmente scatenato il panico non solo sui mercati ma anche tra le persone di tutto il mondo (come noi in Italia stiamo amaramente constatando in queste ultime settimane). Tutto questo, ovviamente, riguarda direttamente anche bitcoin, prima di tutto perché, come sappiamo, BTC tende a comportarsi come un bene rifugio per cui man mano che il mercato dei titoli entrerà sempre più in affanno inevitabilmente questo finirà col giovare a bitcoin, i cui prezzi, per giunta a ridosso dell’halving previsto per maggio, sembrano destinati a salire, e poi perché le persone comuni e i piccoli investitori, di fronte all’iniezione di così tanta liquidità, finiscono per vedere erosi i propri risparmi a causa della svalutazione della valuta FIAT, di conseguenza in molti decideranno di investire in BTC nel tentativo di difendere il proprio potere d’acquisto. Tutto questo dimostra quanto siano lontani i tempi in cui bitcoin era considerabile un mero esperimento, qualcosa che aveva a che fare con la tecnologia e, entro certi termini, decisamente svincolato da quello che accadeva sul piano geopolitico ed economico a livello internazionale; in assenza di una regolamentazione che colmi i vuoti normativi, quindi, questo mercato ha già dato ampia dimostrazione non solo di essere ormai maturato definitivamente, ma anche di aver modificato in maniera profonda i normali equilibri che fino a poco tempo fa caratterizzavano i mercati finanziari globali.

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