Il 2025 potrebbe diventare un anno memorabile per XRP, e non solo per i numeri già messi a segno finora. Dopo un aumento del 53% dall’inizio dell’anno, il prezzo si aggira attorno ai 3,18 dollari per token, ma secondo molti analisti, il meglio potrebbe ancora arrivare. Diversi elementi si stanno intrecciando per creare una situazione esplosiva, in cui domanda istituzionale, uso reale e possibili approvazioni regolatorie si fondono in un contesto estremamente favorevole.
Una combinazione di fattori sta restringendo l’offerta di XRP
Il mercato delle criptovalute è in continua evoluzione, ma nel caso di XRP, ciò che colpisce è la convergenza di tre forze principali. Prima di tutto, la SEC (Securities and Exchange Commission) potrebbe annunciare già oggi, 25 luglio, il via libera a un ETF basato su XRP. Se l’approvazione dovesse arrivare, i grandi gestori patrimoniali dovrebbero acquistare immediatamente milioni di token per supportare i nuovi fondi, generando una domanda istantanea e di grande entità.
Anche in caso di un rinvio, la sola presenza di una richiesta attiva per un ETF alimenta le aspettative del mercato e mantiene alta l’attenzione da parte degli investitori istituzionali.
Nel frattempo, alcune aziende non aspettano nemmeno l’ETF: Nature’s Miracle, società attiva nell’agricoltura indoor, ha annunciato l’acquisto fino a 20 milioni di dollari in XRP per usarlo come riserva patrimoniale, un po’ come Tesla ha fatto con Bitcoin. Ancora più rilevante è il fondo Trident Digital, con sede a Singapore, che ha in programma di raccogliere 500 milioni di dollari per un fondo di tesoreria interamente focalizzato su XRP. Complessivamente, considerando anche altri annunci simili, gli impegni pubblici per l’acquisto della criptovaluta si avvicinano già al miliardo di dollari.
Al prezzo attuale, ciò potrebbe tradursi nella rimozione dal mercato di circa 300 milioni di token XRP, un’operazione che, pur rappresentando meno dell’1% della fornitura circolante (59,1 miliardi), potrebbe influenzare in modo sostanziale l’equilibrio tra domanda e offerta, specialmente in un mercato con volumi non elevatissimi.
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Cresce anche l’utilizzo concreto della rete Ripple nei pagamenti internazionali
A fare da cornice a questi sviluppi è la crescente adozione dell’ecosistema Ripple da parte di istituzioni finanziarie. Ripple Payments, il sistema di pagamento sviluppato dall’azienda madre di XRP, è oggi attivo in oltre 90 mercati e ha già movimentato più di 70 miliardi di dollari in transazioni, sfruttando sia XRP che la sua stablecoin proprietaria.
La crescita di questa rete è evidente, e si sta espandendo in modo aggressivo a livello globale. A maggio, Ripple ha ottenuto una licenza operativa a Dubai, siglando subito partnership con la Zand Bank e la fintech Mamo, aprendo ufficialmente i pagamenti in blockchain nel cuore degli Emirati Arabi Uniti.
Ogni nuova connessione internazionale rafforza la necessità, per gli attori coinvolti, di detenere direttamente XRP come valuta di riserva per facilitare le transazioni. Anche chi punta a minimizzare l’esposizione diretta alla criptovaluta è comunque costretto ad acquistarla per coprire le commissioni on-chain, che aumentano con il volume delle transazioni. Questo comporta una ulteriore riduzione della disponibilità effettiva del token sul mercato.
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Un potenziale squeeze che potrebbe intensificarsi fino al 2026
Se si sommano tutti questi fattori—domanda istituzionale crescente, una offerta che si restringe, e un utilizzo reale in espansione—il quadro che emerge è quello di una pressione al rialzo sempre più concreta. Non si tratta di una garanzia di crescita esponenziale, ma di un contesto in cui ogni elemento gioca a favore del prezzo.
Con l’ETF in bilico, grandi acquisti aziendali già in corso e l’adozione nei pagamenti globali in piena accelerazione, XRP sembra avere tutte le carte in regola per vivere una seconda metà del 2025 all’insegna del rialzo. E se le condizioni macroeconomiche continueranno a sostenere l’interesse per le criptovalute, è probabile che il trend positivo possa estendersi anche oltre, fino al 2026.
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