Cerchiamo di chiarire come si pagano le tasse sulle rendite da cripto valute alla luce delle ultime interpretazioni.

L’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione 72/E del 2016 considera e parifica le criptovalute alle banconote estere, in particolare questo vale sia per i bitcoin che per le altre decine di valute “minori” o meno come ethereum, dash, litecoin ecc.

Questo fa ricadere le rendite da criptocurrency alla stregua delle rendite da forex trading, perchè il fisco tasserà esclusivamente le plusvalenze sulle valute estere acquistate o detenute per finalità speculative o di investimento.
Per evitare la tassaizone di importi non significativi sono escluse da tassazione le plusvalenze qualora la giacenza che si ha sia inferiore ai 51.645,69 euro per ameno sette giorni lavorativi continuativi.
Questo porta, come nel forex trading, ad escludere dalla tassazione tutti gli investitori che fanno trading anche rilevante, ma con una frequenza significativa, cioè almeno ogni 7 giorni, muvendo le finanze tra diverse criptovalute o monete standard come euro, dollaro ecc…
La plusvalenza eventuale alle condizioni di cui sopra è soggetta a imposta sostitutiva del 26% in capo al cliente persona fisica che detiene bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa. Tipicamente si paga tramite modello UNICO.

Per spiegare il concetto in modo semplice ed immediato con un esempio, se non si hanno più di 51.645,69 euro in bitcoin per più di 7 giorni lavorativi non si dovranno dichiarare tasse a fine anno sui guadagni (mettiamo che il bitcoin sia passato da 2000 a 3000 euro, la plusvalenza sono 1000 euro x numero di bitcoin in possesso).

Si precisa inoltre che nella Risoluzione in oggetto viene indicato che le transazioni di valute virtuali sono esenti IVA, perchè si tratta di un bene immateriale e son assimiliate alle “transazioni aventi a oggetto divise, banconote e monete” essendo effettivamente mezzi di pagamento.

Qui si trova il link alla Risoluzione del 02/09/2016 n. 72

 

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