In un articolo pubblicato oggi da cointelegraph torna un grande classico delle criptovalute, quello della manipolazione del prezzo; a lanciare l’accusa, questa volta, è Peter Brandt (un trader abbastanza famoso oltre oceano). Trovo francamente ridicolo quanto affermato da Brandt per un paio di semplici motivi, in primo luogo è ampiamente risaputo che tutto il mercato delle criptovalute sia soggetto a manipolazioni di vario tipo, in secondo luogo lo sono anche i mercati regolari; a dimostrazione di questo mi limito a citare questo articolo del sole24 in cui viene spiegato come le più grandi banche centrali al mondo abbiano manipolato il prezzo dell’oro. Proporrei, per tanto, di piantarla di stare qui a raccontarci favolette, di diventare una volta per tutte adulti e renderci conto che tutti i mercati (tutti, non solo quello delle cripto, o di una certa moneta) sono soggetti a manipolazione; ovviamente ognuno è libero di credere a ciò che vuole, favole incluse, quindi se voi volete illudervi che il forex e il mercato azionario non siano manipolati, o che il prezzo di bitcoin si muova in maniera naturale a differenza di quei cattivoni di ripple che manipolano le quotazioni fate pure, ma la verità, chiaramente, è un’altra.
Ripple sotto accusa?
Le favole, per altro, restano favole anche quando a raccontarle sono persone che godono di grande visibilità (come nel caso di Peter Brandt). Volendo usare lo stesso approccio usato da Brandt potrei dire che lui utilizza il suo seguito sui social (300mila follower su twitter) per manipolare il mercato; del resto dobbiamo sempre ricordarci che se accuse di questo tipo venissero mosse verso aziende quotate in borsa esporrebbero al rischio di cause legali per diffamazione per milioni di dollari. Brandt sostiene che ripple avrebbe difeso il supporto usando la propria liquidità per sostenere il prezzo di XRP, trovatemi una sola criptovaluta per la quale questo non accada e vostro sarà il regno dei cieli; per dimostrare quanto le affermazioni di Brandt siano folli e sconclusionate possiamo fare un esempio banale, quello delle stablecoin. Chi conosce le criptovalute, non i semplici trader ma chi si va a studiare quotidianamente i vari progetti, sa benissimo che ci sono diversi modi di ottenere la stabilità del prezzo e che quello di accantonare valuta fiat in misura equivalente ai token in circolazione è solo una delle possibilità sul tavolo; un altro modo per garantire la stabilità dei prezzi è lavorare sulla domanda/offerta, vendendo massicciamente quando il prezzo tenta di salire e, viceversa, comprando massicciamente quando tenta di calare, così da garantire la stabilità del prezzo. Secondo la logica di Brandt, quindi, le stablecoin manipolano il mercato? Secondo la logica di Brandt ci dovremmo preoccupare che il team dietro una stablecoin non riesca a difendere un supporto?
Brandt, in poche parole, ha scritto una marea di fregnacce e lascia francamente allibiti che un sito come cointelegraph abbia voluto dare visibilità a queste opinioni invece che demolirle, come invece stiamo facendo noi di ValuteVirtuali. L’altra cosa che non posso fare a meno di notare, dal momento che ormai sono anni che seguo questo mercato e ne ho viste di cotte e di crude, è che determinati attacchi si concentrano, per uno strano caso, sempre nei momenti di maggiore difficoltà di una moneta; l’ho visto succedere decine di volte. Quando a dicembre dello scorso hanno litecoin testava il supporto storico sui social improvvisamente hanno iniziato a comparire migliaia di tweet che accusavano Charlee Lee e la Litecoin Foundation delle stesse cose di cui oggi Brandt accusa ripple; tweet in cui persone anche molto in vista nella comunità (che troppo spesso ha dimostrato di riporre la propria fiducia in soggetti che non la meriterebbero) che promettevano che litecoin sarebbe andato a zero nel giro di pochi mesi. Quello che, invece, è successo è che non solo litecoin non è andato a zero, ma ha invertito, è diventato bullish ed è tornato sui massimi; stranamente gli stessi account li ho poi visti nelle settimane scorse fomentare l’hype su litecoin per l’halving, promettendo profitti da capogiro che, invece, non ci sono stati. Insomma, molto spesso chi accusa di manipolazione gli altri è il primo manipolatore o, come recita un vecchio adagio del nostro paese “la prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo”. Tornando a Ripple, lasciando da parte i deliri di Brandt e di chi ha voluto andargli dietro, l’azienda prosegue nella sua strategia aggressiva di espansione; nella giornata di ieri, infatti, è stato comunicato che il consorzio R3 intende aprire un secondo ufficio a Dublino nel 2020.
La notizia arriva poche settimane dopo aver comunicato la decisione di raddoppiare gli spazi dei propri uffici londinesi per sostenere un nuovo piano di assunzioni; l’azienda, poi, ha già aperto un nuovo ufficio in Brasile, che guiderà l’espansione nel Sud America e negli ultimi mesi ha avviato partnership con alcune delle più prestigiose università brasiliane e giapponesi tese a finanziare l’attività di ricerca nell’ambito della blockchain e ad entrare in contatto con quelli che saranno i futuri talenti della crittografia. Da un punto di vista strettamente aziendale, quindi, Ripple sta portando avanti una strategia assolutamente brillante, che punta a consolidarsi in diversi continenti, a stringere relazioni solide nel mondo accademico e sostenere l’uso di XRP come mezzo di pagamento attraverso partnership strategiche come quella con MoneyGram. E’ difficile, per concludere, non avere fiducia in un progetto che nel corso dell’ultimo anno ha dimostrato di avere una strategia di crescita e sviluppo così ben studiata, ma questo rimane molto soggettivo; ognuno, per concludere, può decidere di cosa vuole fidarsi, se dei dati di fatto o se delle favolette raccontate a mezzo twitter dal grande trader di turno.
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