Cryptonews è stata la prima ad accorgersene e a diffondere la notizia, quello che è successo è che qualche giorno fa dal sito di ripple è sparita ogni traccia di Xrapid, Xvia e Xcurrent; il motivo è che da ora in poi tutti questi servizi saranno fusi nella rete ripple, gli utenti, quindi, si collegheranno a RippleNet e potranno usare le medesime funzionalità che prima erano disponibili su tre distinte applicazioni in un unico ambiente. Ripple, in questo modo, intende combinare tutti i diversi prodotti in una rete unificata; si tratta di una evoluzione naturale del progetto considerando che RippleNet ambisce ad essere più che una semplice suite di software. Nel frattempo lo scorso 9 ottobre, in un’intervista rilasciata al podcast “Off the Chain” il CEO di ripple (Brad Garlinghouse) ha tentato di mettere un freno alle polemiche della base che sta diventando sempre più insofferente all’autofinanziamento che l’azienda porta avanti attraverso la vendita di XRP; Garlinghouse ha sostenuto che gli attacchi che ripple riceve sono dovuti all’eccessiva trasparenza dimostrata dall’azienda, alludendo che tutte le varie realtà del mondo cripto si finanziano allo stesso modo, solo che non sono altrettanto trasparenti nel comunicarlo. il CEO ha colto l’occasione per ribadire quanto sarebbe stupido per l’azienda deprezzare il valore di XRP dato che questo andrebbe contro i propri stessi interessi; sempre Garlinghouse ha affermato che Ripple possiede tantissimi XRP e che per gestirli sono stati creati 55 differenti depositi ognuno dei quali contiene 1mld di monete. Vero che ogni mese uno di questi depositi viene aperto, ma bisogna considerare che poi l’80% delle monete ritorna sempre sui wallet dell’azienda; le monete sono quindi vendute seguendo una certa programmazione su mercati OTC a clienti istituzionali, ma il grosso delle monete contenute nei fondi che vengono sbloccati con cadenza mensile torna nei conti dell’azienda (appunto l’80% se prendiamo per buono quello che sostiene il CEO). Questo genera volumi inferiori all’1% del volume complessivo di XRP che ogni giorno vengono scambiati sui mercati, di conseguenza non è accettabile sostenere che sia ripple stessa ad affondare il prezzo di XRP. Il ragionamento di Garlinghouse non fa una piega, per prima cosa a livello logico, visto che sarebbe masochistico affossare il prezzo di una moneta di cui si detengono le maggiori scorte, in secondo luogo perché i volumi generati dallo sblocco mensile dei fondi sono appunto una piccolissima quota rispetto a quanto quotidianamente scambiato sui mercati. Durante l’intervista Garlinghouse ha voluto affermare con forza che ripple e XRP sono l’unico esempio di crittografia e blockchain utilizzati su larga scala, ma contrariamente a quanto ci si sarebbe potuti aspettare nell’affermare questo non ha screditato bitcoin, anzi; il CEO ha infatti sostenuto che bitcoin funziona e sta rispettando le aspettative, semplicemente quando si tratta di soluzioni blockchain rivolte alle aziende ripple è l’unico progetto che, ad oggi, ha una rilevanza realmente di portata globale. Insomma, ripple è per le aziende ciò che bitcoin è diventato per le persone comuni, i due progetti, quindi, non sarebbero in competizione tra loro ma andrebbero intesi come complementari. Per quanto riguarda la possibilità che XRP venga classificato come una security Garlinghouse ha di nuovo usato la stessa metafora che già in altre occasione aveva impiegato, affermando che Exxon possiede molto petrolio, ma che questo non rende il petrolio una security; anche qui il discorso non fa una piega e rende bene l’idea. Intanto il prezzo di XRP sembra essere entrato in una fase bullish, probabilmente più per motivi ciclici che per gli interventi del CEO tesi a rassicurare i mercati; l’aumento del prezzo di XRP potrebbe placare per qualche tempo le polemiche, almeno fino a quando gli orsi non torneranno a dominare il mercato a quel punto, purtroppo, temo che le polemiche torneranno ad acuirsi indipendentemente dagli sforzi di Garlinghouse nel tentare di placarle.
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