Negli ultimi anni Polkadot (DOT) ha vissuto un percorso altalenante: dal lancio del mainnet nell’agosto 2020 a 2,69 dollari, fino al picco storico di 54,98 dollari nel novembre 2021, per poi tornare a oscillare intorno ai valori iniziali. Molti lo considerano un progetto “dimenticato” rispetto ai giganti come Bitcoin ed Ethereum, ma questa è una visione superficiale. Dietro il prezzo attuale si nasconde una delle tecnologie blockchain più evolute e con una roadmap precisa, innovativa e già in fase avanzata.
Guardando oltre la volatilità e le delusioni di breve termine, esistono quattro motivi concreti e strategici per cui Polkadot potrebbe rappresentare un’opportunità importante da accumulare prima del 2026.
1. L’evoluzione verso Polkadot 2.0: più veloce, dinamico e accessibile agli sviluppatori
Polkadot nasce da un’idea di Gavin Wood, cofondatore di Ethereum e creatore del linguaggio Solidity. La sua architettura è unica: la Relay Chain garantisce sicurezza, validazione e interoperabilità, mentre le parachain sono blockchain autonome, personalizzabili, con governance e logica indipendenti.
Questa struttura modulare consente a Polkadot di offrire una flessibilità che le blockchain monolitiche tradizionali semplicemente non possono imitare.
Con gli aggiornamenti Polkadot 2.0, rilasciati tra il 2023 e il 2025, sono stati introdotti miglioramenti significativi:
- Dichiarata fine del sistema di aste rigide per l’accesso agli slot parachain.
- Accesso dinamico allo spazio di blocco, con maggiore efficienza e scalabilità.
- Introduzione delle multicore parachain, in grado di gestire più attività contemporaneamente.
- Battito dei blocchi ridotto, con transazioni più rapide e meno latenza.
A dicembre è previsto il lancio del Polkadot Hub, una parachain di sistema che permette di sviluppare smart contract senza coretime né aste, rendendo il processo molto più rapido ed economico.
Questa semplificazione favorisce gli sviluppatori e potrebbe portare un aumento significativo delle applicazioni decentralizzate (dApp), NFT, progetti DeFi e cross-chain. Non è un caso che, nel 2024, su GitHub siano stati registrati 17.123 commit legati a Polkadot, un dato vicino a colossi come Ethereum e Cardano. La community c’è, ed è molto attiva.
2. Nuovo limite massimo all’offerta: DOT diventa un asset scarso
Per anni Polkadot ha avuto una criticità: la sua offerta era inflazionistica, con un incremento annuale di circa il 10% e senza alcun tetto massimo.
Tutto è cambiato nel settembre 2025, quando è stato introdotto un cap definitivo di 2,1 miliardi di token DOT.
Oggi sono già in circolazione 1,6 miliardi di token, cioè oltre il 75% dell’offerta massima. Ciò significa che DOT inizia a somigliare molto più a un bene scarso, avvicinandosi alla logica economica di asset come Bitcoin o l’oro digitale, e abbandonando definitivamente l’approccio inflazionistico del passato.
Questa trasformazione potrebbe rendere DOT molto più interessante per investitori orientati alla store of value e al lungo termine.
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3. Il grande passo verso JAM (Join-Accumulate Machine): la blockchain diventa un supercomputer decentralizzato
Gli aggiornamenti 2.0 non sono un fine, ma l’inizio di una transizione molto più ambiziosa: il passaggio al modello JAM (Join-Accumulate Machine).
Con JAM, Polkadot mira a trasformare la Relay Chain in una sorta di supercomputer decentralizzato, progettato per eseguire applicazioni complesse, interoperabili e basate su logiche modulari.
Non si tratta di una semplice evoluzione tecnica, ma di una reinvenzione del concetto stesso di blockchain, mantenendo:
- interoperabilità,
- scalabilità,
- sicurezza,
- governance decentralizzata.
La governance di Polkadot prevede un referendum ufficiale sul passaggio a JAM nelle prime fasi del 2026, fornendo al mercato una roadmap strutturata e visibile, un elemento chiave per attrarre capitali istituzionali.
4. Possibile ritorno di interesse verso gli altcoin e asset emergenti
Nel biennio 2024-2025, i tagli dei tassi della Federal Reserve hanno spinto gli investitori su asset consolidati come Bitcoin ed Ethereum, mentre gli altcoin sono rimasti indietro.
I rendimenti dei Treasury americani sono rimasti elevati, frenando gli investimenti in asset più speculativi. Tuttavia, se l’inflazione dovesse stabilizzarsi e i rendimenti obbligazionari iniziare a scendere, potremmo assistere a un ritorno di capitali sugli altcoin con fondamentali solidi.
E tra questi, Polkadot non è un “altcoin qualunque”: ha una struttura tecnologica matura, una community attiva e una roadmap chiara.
Polkadot è ancora sottovalutato, ma non per molto
Oggi Polkadot (DOT) è ancora percepito come un progetto in ombra rispetto ai big del settore. Ma le sue innovazioni tecniche, l’introduzione del cap totale, la transizione verso JAM e l’imminente lancio di Polkadot Hub mostrano un ecosistema in evoluzione, tecnologicamente pronto e in pieno sviluppo.
Non è un investimento privo di rischi, ma a fronte del prezzo attuale e della prospettiva a medio-lungo termine, DOT potrebbe rivelarsi uno degli asset più interessanti da accumulare prima del 2026, in una logica di posizionamento strategico.
Se il mercato dovesse riprendersi, Polkadot avrà già costruito gran parte delle sue fondamenta.
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