Recentemente ci sta capitando spesso di occuparci di mining abusivo, o illegale che dir si voglia, un fenomeno che sta diventando abbastanza rilevante in paesi come l’Iran o la Cina, caratterizzati da costi dell’elettricità ragionevolmente bassi; l’ultimo caso di quelli che potremmo ribattezzare “furbetti delle miniere” arriva dalla Malaysia, dove le autorità hanno scoperto ben 33 strutture illegali che rubavano elettricità per minare criptovalute. Il danno provocato ammonterebbe a 3,2mln di dollari di cui quasi un milione a carico della prima azienda del paese, la Tenaga Nasional Bhd, così come riportato dal Malay Mail nella giornata di ieri. L’azienda, resasi conto di quanto stava accadendo, è riuscita a ricostruire l’accaduto confermando che ben 33 strutture abusive (dieci delle quali sarebbero riuscite a distruggere le prove) avrebbero minato bitcoin rubando elettricità per almeno sei mesi. Nonostante il mining illegale di criptovalute stia onestamente diventando un problema, con un numero crescente di casi di furti di elettricità correlati al mining di criptovalute, la gran parte dei governi, tra cui appunto quello della Malaysia, non sembrano vivere la cosa come una questione di particolare rilevanza; il governo malese, ad esempio, dopo aver fatto dei test ha espresso opinioni positive sulle criptovalute e la tecnologia blockchain, tanto da indurre il ministro delle finanze, Lim Guan Eng, a dichiarare che:

il governo malese vede il potenziale delle criptovalute per migliorare una serie di settori della sua economia e considera le risorse digitali, nonché le tecnologie blockchain sottostanti, potenzialmente in grado di portare innovazione sia nei vecchi che nei nuovi settori. In particolare, riteniamo che gli asset digitali abbiano un ruolo da svolgere come via di raccolta fondi alternativa per imprenditori e nuove imprese e come asset class alternativa per gli investitori “

Nonostante qualche intralcio lungo il percorso, quindi, il governo malese continua a voler scommettere su questa tecnologia e insieme a lui numerosi altri paesi sparsi un po’ ovunque in giro per il mondo, con buona pace di chi ancora si ostina a fare terrorismo sulle criptovalute e a sostenere che siano una minaccia per la stabilità economica globale.

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