Come spiegavamo qualche settimana fa la corte suprema indiana ha deciso di rinviare la sentenza nella causa che vede coinvolta la banca centrale del paese, citata in giudizio dall’Internet and Mobile Association of India (IAMAI) con l’accusa di aver travalicato i propri poteri impedendo la normale operatività bancaria ai soggetti coinvolti, a vario titolo, con le criptovalute; in attesa che la corte suprema indiana si pronunci il quotidiano locale Economic Times ha pubblicato oggi un articolo che, riprendendo la dichiarazione giurata avanzata proprio alla corte suprema dalla banca centrale lo scorso 4 settembre, punta a fare chiarezza su quella che è la posizione delle istituzioni indiane in tutta questa faccenda. La RBI (Reserve Bank of India) ha quindi affermato che non sono le criptovalute in se ad essere vietate nel paese, ma il supporto bancario all’attività di trading su questa classe di attività. Più nello specifico, come si può leggere dalla dichiarazione giurata della RBI, l’istituzione ha dichiarato che:
“IL’RBI non ha mai proibito l’uso di valute virtuali nel paese, si è solo limitata ad ordinare alle entità da essa regolate di non fornire servizi a quelle persone o entità che commerciano o regolano criptovalute al fine di evitare che vengano coinvolte in attività che comportano rischi reputazionali e finanziari, oltre che rischi di carattere sia legale che operativo”
Tale affermazione, però, credo vada a legittimare le accuse mosse dalla IAMAI all’RBI, la banca centrale, in altre parole, rilasciando questa testimonianza si è sostanzialmente sparata sui piedi; affermare un principio del genere significa aprire la porta a qualcosa che assomiglia alla giustizia preventiva. Non è compito della banca centrale definire a quali tipi di rischi di carattere legale, finanziario o operativo una banca può o non può sottoporsi; per fare un esempio banale è come se la banca centrale italiana vietasse alle banche di aprire un conto corrente agli idraulici perché questi sono una delle categorie che le statistiche indicano come tra le più propense all’evasione. Chiaramente questo sarebbe intollerabile, eppure è proprio questo che la BRI ha sostenuto; in pratica, dal momento che numerosi rapporti internazionali puntano il dito contro le criptovalute considerandole strumenti utili per riciclare denaro la BRI ha pensato bene di colpire indistintamente tutti coloro che operano con le criptovalute, in maniera del tutto preventiva. Sarà comunque la corte suprema indiana a doversi pronunciare su tutta questa storia, tuttavia molti osservatori indiani affermano che probabilmente la sentenza accoglierà il punto di vista della IAMAI affermando che la BRI ha travalicato i confini dei poteri che la costituzione le riconosce chiedendo alle banche di adottare un approccio discriminatori verso una parte di cittadini; in ogni caso non ci rimane che aspettare e vedere come evolveranno le cose, nonostante la corte suprema abbia deciso di concedersi più tempo per decidere sul caso la sentenza non dovrebbe tardare ancora molto ad arrivare.
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