Nonostante la cripto-comunità sia cambiata molto negli ultimi anni, a mio parere in peggio, se c’è una cosa che non è cambiata è l’altruismo che da sempre caratterizza questo mondo; sempre in prima linea per sostenere le popolazioni in difficoltà questa volta i bitcoiners si sono mossi per aiutare il popolo australiano alle prese coi numerosi incendi che stanno devastando il paese. A riprova di questo sono già stati aperti diversi indirizzi per donare bitcoin agli australiani e attivandosi in massa per favorire la diffusione dell’hashtag #AustraliaBurning su twitter al fine di portare avanti, nei rispettivi paesi, l’opera di sensibilizzazione non solo sulla tragedia australiana (perché di tragedia si tratta) ma anche in favore della lotta contro il cambiamento climatico. Come abbiamo già avuto modo di spiegare in occasione del tweet col quale Justin Sun ha comunicato di voler donare 1mln di dollari a Greta Thunberg non sempre tutta questa generosità rappresenta vero altruismo ma, in taluni casi, si tratta di banali manovre di marketing tese a ricavare visibilità; al netto del fatto di usare la beneficenza per far conoscere a un numero sempre maggiore di persone bitcoin è anche vero che la comunità, che come dimostrano numerosi report si compone prevalentemente di giovani tra i 25 e i 34 anni di età, è proprio per motivi anagrafici maggiormente sensibile a determinate tematiche.
Che i millennials siano, come generazione, normalmente più aperti al cambiamento e più altruisti di quanto non dimostrino di essere le generazioni precedenti è una cosa abbastanza risaputa, di conseguenza determinati fenomeni non riguardano tanto la cripto-comunità in quanto tale, ma sono più che altro riconducibili a una questione meramente generazionale. C’è anche da aggiungere che la propensione alla beneficenza da parte dei bitcoiners è stata anche agevolata dall’introduzione di una nuova opportunità negli Stati Uniti, paese nel quale è possibile dedurre dalle tasse le donazioni effettuate in criptovaluta; questo rende le donazioni particolarmente allettanti proprio per quella parte di comunità che dispone di maggiore liquidità e rende più facile dare vita a raccolte fondi anche per importi molto alti. In attesa che l’Europa si svegli e capisca che anche attraverso questo genere di iniziative fiscali si regolamenta in maniera adeguata il settore non ci resta che sperare che la situazione in Australia ritorni alla normalità il prima possibile e che il paese riesca a riprendersi al più presto da quella che rimarrà nei libri di storia come una delle peggiori calamità che hanno colpito l’ex colonia britannica.
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