Come abbiamo avuto modo di ripetere in diverse occasioni l’Africa è un continente cruciale per la crescita del mercato crittografico ed è anche il posto ideale per sperimentare le nuove tecnologie dal momento che la carenza di infrastrutture genera quello che in gergo viene definito “leapfrogging”; l’esempio migliore di cosa si intenda per leapfrogging ci viene dalla logistica, in Africa, infatti, le infrastrutture stradali sono ancora oggi molto carenti, di conseguenza per le consegne si è investito da subito sull’uso dei droni. I mancati investimenti su un determinato tipo di infrastruttura, quindi, consentono di aprirsi più rapidamente all’innovazione tecnologica, dal momento che un’apertura in questa direzione non pone tutte le criticità che invece esistono in una società dove è già presente un’infrastruttura di base. Di conseguenza non stupisce che l’industria crittografica guardi all’Africa con enorme interesse, ne tanto meno che, come riferito da cointelegraph in un articolo di ieri, l’ABI (acronimo di Africa Blockchain Institute) abbia deciso di investire nell’apertura di una scuola blockchain nel Ruanda; se tutto andrà come previsto, quindi, a partire dal 2020 cinque nuovi corsi di livello universitario verranno istituiti nel paese e saranno rivolti a studenti, sviluppatori e imprenditori.
E pensare che qui in Italia siamo ancora portati a considerare il Ruanda come terzo mondo, invece non il paese sta investendo testardamente in innovazione e non è un caso che l’Africa Blockchain Institute abbia deciso di dare vita ai suoi corsi proprio qui; basti pensare che appena qualche mese fa il Ruanda saliva di nuovo alla ribalta della cronaca globale per aver messo in commercio il primo smartphone interamente pensato e realizzato in Africa. Tornando ai nostri corsi blockchain Babarinde, direttore esecutivo dell’ABI, ha affermato che il supporto e la cooperazione della Blockchain DLT Rwanda Association e del suo presidente, Norbert Haguma, sono stati un fattore chiave nella sua decisione di avviare la scuola nel paese; più nel dettaglio Babarinde ha confermato quanto abbiamo appena scritto del Ruanda nel momento in cui ha dichiarato che:
“Ogni azienda tecnologica è alla ricerca di un ambiente che consenta di operare in un’ottica continentale; ciò implica la presenza di politiche di supporto, gestione delle risorse e visibilità per il mercato. Tutto questo rende il Ruanda un hub ideale per operare nel continente africano.”
Allo stesso tempo di recente Jack Ma, il CEO di alibaba, ha avuto modo di definire l’Africa come l’equivalente della Cina di 20 anni fa, affermando che il continente sta per conoscere uno sviluppo e una crescita che lo renderanno uno dei principali player globali esattamente come accaduto al colosso asiatico; mentre nel nostro paese non riusciamo a porre freno alla retorica sconclusionata dell’invasione, quindi, l’Africa, ben lungi dal volersi trasferire in massa in Europa, si dimostra un continente in forte crescita non solo da un punto di vista meramente economico ma anche a livello tecnologico e sociale.
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