La notizia ha iniziato a circolare venerdì 24 maggio, sull’edizione tedesca di cointelegraph che riprende un comunicato stampa della società (una delle principali aziende del settore telecomunicazioni in Svizzera); Swisscom ha in progetto di investire sulla vendita di opere d’arte tokenizzate attraverso il suo canale televisivo. Ad occuparsi di selezionare le opere sarà una curatrice attiva a Berna (Stefanie Marlene Wenger), queste verrano poi rese disponibili sul tv box di Swisscom attraverso un’app (NOOW) che già da qualche tempo permette agli utenti di acquistare copie certificate di alcune opere d’arte. Quello che mi sembra di capire, quindi, è che non c’è una vera e propria tokenizzazione dell’opera (l’uso di questa terminologia mi pare afferisca più a un’abile strategia di marketing) ma più che altro si sfruttano le potenzialità della tecnologia per ampliare e rendere più appetibile il mercato delle copie certificate.
Swisscom investe sui Token
Occorre infatti chiarire che quando parliamo di tokenizzare le opere d’arte parliamo di tutt’altro; il concetto è quello di prendere, ad esempio, un quadro, agganciarlo a un token e poi rivendere quel token ai migliori offerenti. Si tratta, in un certo senso, di una multiproprietà dell’opera d’arte, che invece che essere di proprietà di un singolo individuo diventa proprietà condivisa tra una molteplicità di individui. Se un Picasso, per intenderci, viene quotato a 10mln di dollari e agganciato a un token con una supply di 10mln di pezzi ecco che ognuno di quei token varrà sempre un dollaro, il suo valore, in altre parole, è garantito dal sottostante che, in pratica, diventa il quadro stesso. Ora, il valore di quei token potrebbe anche aumentare, come aumenta il valore dell’opera d’arte, ma sicuramente difficilmente potrebbe scivolare sotto al dollaro perché significherebbe che si è andato ad erodere il valore dell’opera stessa, il che non è possibile. Qual è l’utilità di tokenizzare un’opera d’arte?
Semplice, che il mercato dell’arte è sostanzialmente poco liquido e questo si che favorisce la possibilità che il valore di un’opera si eroda, semplicemente perché mancano gli acquirenti; se invece l’opera d’arte viene tokenizzata questo implica che non sono più costretto a comprare un Picasso intero, ma posso comprarne una frazione. Tutto questo lo spiego perché è importante definire la differenza tra una vera tokenizzazione di un bene e il caso della svizzera swisscom nel quale i token vengono usati solo per garantire a chi compra la copia di un’opera d’arte che di quella copia non sono in circolazione più di un certo numero di pezzi; occorrerebbe poi capire quale sia il valore reale di quella copia, perché qualcuno potrebbe anche sostenere che il valore di una copia è in realtà pari a zero.
Ovviamente si può anche sostenere che una copia perfettamente realizzata ha inevitabilmente un valore; avere in casa una copia che riproduce perfettamente la gioconda è sicuramente un bel vedere per gli occhi, qualcosa per cui il mercato sarebbe certamente disposto a pagare. La questione è quindi più complicata di quanto potrebbe sembrare, il mercato delle copie, in ogni caso, è in grande crescita da diversi anni, per cui quella di swisscom è sicuramente una mossa interessante, ma è necessario ribadire (soprattutto a beneficio dei neofiti) che resta comunque improprio definire questa operazione come una “tokenizzazione”.
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