Abbiamo spesso spiegato come i casi d’uso più interessanti della tecnologia blockchain nascano dalla sua integrazione con altre tecnologie che pure stanno facendo parlare molto di se, come ad esempio IOT e AI; proprio la fusione tra intelligenza artificiale e blockchain, infatti, consente di dare vita a tribunali che potremmo definire 2.0, in cui a scrivere la sentenza non è un giudice in carne ed ossa ma un algoritmo. Sembra fantascienza ma in realtà succede già in Cina, come riferito dall’agenzia di stampa Xinhua qualche giorno fa, infatti, solo nel corso dell’ultimo anno sono stati più di 3mln i contenziosi che sono stati regolati da un giudice virtuale nel paese. I vantaggi di questo sistema sono evidenti a tutti, tempi ridottissimi per la giustizia e costi altrettanto ridotti per la pubblica amministrazione sono i principali motivi che giustificano un investimento in questa direzione.
La Cina è stato il primo paese al mondo ad istituire le corti di giustizia virtuali nella città di Hangzhou già nell’ormai lontano 2017, adesso, anche alla luce dei successi di questo test, si sta lavorando per estendere il servizio anche in città come Pechino e Guangzhou; chiaramente i limiti e i rischi di queste piattaforme sono noti a tutti, in primis agli operatori del settore, tuttavia è legittimo ormai ipotizzare un futuro in cui tali limiti verranno pienamente superati. Del resto già ad aprile era stato proprio il presidente della corte internet di Pechino, Zhang Wen, a ricordare che:
“Attualmente l’IA nei tribunali viene usata prevalentemente come una sorta di assistente virtuale che ci aiuta a prendere decisioni, siamo ancora in una fase nella quale l’efficienza è prioritaria rispetto all’accuratezza; in questo momento solo un giudice umano può essere considerato responsabile di una sentenza equa, tuttavi ci stiamo già dirigendo verso un futuro in cui sarà l’intelligenza artificiale ad emettere le sentenze”
La “corte intelligente” cinese ha registrato attualmente oltre 1mln di cittadini e poco più di 70mila avvocati, i quali possono già avvalersi di questo tipo di servizio; ovviamente però l’intelligenza artificiale, da sola, non potrebbe essere utilizzata pienamente in questo ambito senza l’integrazione con la blockchain. Proprio la catena di blocchi, infatti, è responsabile dell’archiviazione di documenti e prove, oltre che della loro immutabilità; bisogna poi considerare che appena un paio di mesi fa la corte suprema cinese ha stabilito che le prove autenticate via blockchain hanno piena valenza legale, per cui anche l’ultimo ostacolo all’uso di questa tecnologia in ambito giuridico è caduto definitivamente.
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