La questione è di una certa rilevanza, direi anzi di una certa gravità visto i toni usati, ma per capire bene di cosa stiamo parlando sarà opportuno prima spiegare chi sono i protagonisti di questa notizia; partiamo quindi da RBI, che non è altro che la banca centrale indiana, mentre IAMAI (acronimo di Internet e Mobile Association of India) è un ente senza scopo di lucro registrato ai sensi della Societies Act il cui mandato consiste nell’espandere e migliorare i settori dei servizi a valore aggiunto online e mobile.
India contro le criptovalute?
IAMAI, come si apprende da fonti di stampa locale, ha attaccato duramente la banca centrale indiana nella giornata di ieri sostenendo, di fronte alla Corte Suprema, che RBI non avesse l’autorità per porre un divieto sulle criptovalute dal momento che nel paese non esiste neanche un quadro normativo di riferimento in proposito. Ashim Sood, consulente legale per IAMAI, ha dichiarato in merito che:
“RBI non può uscire dai confini che la legge pone ai suoi poteri, come per altro indicato dalle norme sulla regolamentazione bancaria, di conseguenza la sua azione contro le imprese blockchain, perpetrata per altro per mezzo di una semplice circolare, è da considerarsi illegale”
L’attacco di Sood non finisce qui, diventa ancora più pesante nel momento in cui rimarca come RBI non si sia degnata neanche di provare a capire la tecnologia blockchain, attraverso studi e ricerche, prima di emettere il divieto. L’Internet and Mobile Association of India ha poi continuato ad attaccare la banca centrale sostenendo che il divieto apposto all’uso delle criptovalute nel paese abbia ragioni di carattere meramente morale e che non vi sia alcun dato che dimostri che tale iniziativa sia stata intrapresa a difesa della stabilita economico-finanziaria del paese. IAMAI evidenzia inoltre come le stesse obiezioni mosse contro le criptovalute non siano state mosse contro la tecnologia blockchain, che è ciò che permette alle valute virtuali di funzionare, rendendo così il divieto interpretabile come “arbitrario, ingiusto e incostituzionale”.
Insomma, in India stanno volando gli stracci e il ban alle criptovalute è diventato un motivo di scontro istituzionale; la credibilità della banca centrale indiana, già compromessa in passato da scelte quanto meno opinabili, rischia di essere completamente demolita dagli errori commessi nel tentativo di regolamentare, col pugno di ferro, il mercato delle criptovalute. L’RBI ha gestito malissimo questa questione negli ultimi anni, finendo per screditare se stessa e la propria autorità, oltre che danneggiando l’economia e gli investitori indiani, una storia che dovrebbe rappresentare una lezione anche per le istituzioni degli altri paesi ma che, temo, verrà bellamente ignorata.
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