Dogecoin continua a far parlare di sé, ma non sempre in positivo. Dopo un 2024 esplosivo, chiuso con un incredibile +252% di performance, il 2025 è iniziato in modo ben diverso: il token meme più famoso del mondo ha perso oltre la metà del suo valore, lasciando molti investitori con una domanda cruciale: Dogecoin è in saldo o è una trappola speculativa destinata ad affondare ancora?
La risposta potrebbe sorprendere, ma osservando i fondamentali emergono aspetti che vanno oltre il semplice prezzo.
Dogecoin: nato come scherzo, diventato fenomeno, ora in cerca di identità
Dogecoin nasce nel 2013 dall’idea di Billy Markus e Jackson Palmer, due sviluppatori convinti che il mondo delle criptovalute si stesse prendendo troppo sul serio. Nasce così una moneta digitale ispirata al meme “Doge”, creata più per ironia che per reale ambizione tecnologica. Ma quella battuta si trasforma presto in un fenomeno mondiale.
Nel 2021 Dogecoin raggiunge un picco storico, arrivando a sfiorare i 90 miliardi di dollari di capitalizzazione. Tuttavia, la gloria dura poco: nel giro di un anno perde oltre il 90% del suo valore, dimostrando quanto il suo mercato sia basato più sull’entusiasmo che sulla sostanza.
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Il vero problema di Dogecoin: la mancanza di utilità concreta
Mentre criptovalute come Bitcoin puntano sulla scarsità e sulla funzione di riserva di valore, ed Ethereum è la base su cui nascono applicazioni, servizi e protocolli DeFi, Dogecoin non ha un ruolo definito nel mondo crypto.
Non è particolarmente utilizzato nei pagamenti reali, complici volatilità, lentezza delle transazioni e scarsa accettazione commerciale: secondo i dati internazionali, poco più di 2.100 aziende nel mondo accettano Dogecoin come metodo di pagamento. Un numero molto modesto considerando la sua popolarità globale.
Dogecoin vive grazie all’entusiasmo, non grazie alla tecnologia
Il motore principale delle sue impennate è sempre stato lo stesso: la speculazione. L’effetto Elon Musk, con tweet, meme e apparizioni pubbliche, è riuscito a scatenare rally improvvisi, senza però costruire un vero ecosistema.
Nel 2021 bastò una battuta al Saturday Night Live per far volare il prezzo; nel 2024 fu l’acronimo DOGE (Department of Government Efficiency) legato alla nomina di Musk in un progetto governativo USA a generare euforia. Ma ogni volta, l’euforia si è esaurita rapidamente.
Il problema più grande: l’offerta infinita che distrugge il valore
Dogecoin utilizza un meccanismo di mining simile a Bitcoin: i miner sono ricompensati con nuovi token. La differenza? Bitcoin ha una quantità massima di 21 milioni di monete, Dogecoin no.
Ad oggi circolano oltre 151 miliardi di Dogecoin, e nuovi token continueranno ad essere emessi senza alcun limite temporale. Questo significa che l’offerta cresce all’infinito, portando inevitabilmente a diluizione del valore.
Un esempio semplice: se la capitalizzazione resta la stessa, ma il numero di token raddoppia, il prezzo deve dimezzarsi. Questo meccanismo rende Dogecoin strutturalmente fragile nel lungo periodo e limita pesantemente il potenziale di crescita.
Dogecoin nel 2025: solo un ribasso o un segnale di défaillance?
Dopo il -51% registrato nel 2025, qualcuno potrebbe vedere un’occasione d’acquisto. Ma la storia racconta un’altra realtà: durante l’ultimo crollo, nel 2022, Dogecoin arrivò a 0,05 dollari. Un ritorno verso quei livelli, con un ulteriore ribasso intorno al 65% dai valori attuali, non è affatto improbabile.
A pesare non è solo il sentiment negativo, ma l’assenza di un vero progetto, una roadmap e uno scopo tecnologico.
Conviene comprare Dogecoin adesso?
Analizzando i dati, lo scenario appare chiaro:
- Nessun reale use case solido
- Offerta illimitata che ne erode il valore nel tempo
- Profonda dipendenza da hype e speculazione
- Assenza di sviluppo tecnologico significativo
- Interesse commerciale limitato
In queste condizioni, il ribasso del 2025 non sembra un’occasione di acquisto, ma piuttosto un campanello d’allarme. Dogecoin rimane una scommessa emotiva, non un investimento razionale.
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