Criptovalute: uno dei consiglieri di Putin suggerisce di usare una moneta su blockchain in Crimea

La notizia è della settimana scorsa, diffusa dalla stampa locale, ed ha ovvie ripercussioni in diversi ambiti; andiamo con ordine, come riferisce il quotidiano Tass in data 19 Aprile, Sergey Glazyev, consigliere del presidente russo Vladimir Putin e funzionario al Forum economico internazionale di Yalta, ha suggerito al governo ad adottare la tecnologia blockchain per ridurre le barriere transfrontaliere ed evitare che le sanzioni occidentali penalizzino l’afflusso di capitali esteri in Crimea.

Moneta blockchain in Crimea

Per prima cosa questa notizia riafferma ancora una volta quanto la Crimea sia diventata centrale nella ridefinizione degli equilibri tra Russia e occidente; in secondo luogo abbiamo una ulteriore testimonianza di come le criptovalute possano aiutare determinati paesi a liberarsi dal vincolo delle sanzioni. Anche se qualcuno si ostina a sostenere che il senso di certe politiche (mi riferisco agli embarghi) sia quello di punire governi dittatoriali o che non rispettano i diritti umani, la verità è che la politica delle sanzioni finisce inevitabilmente per danneggiare le popolazioni civili; quando in un paese, a causa delle sanzioni, non arrivano più medicine, o cibo o qualunque altro genere di prodotto, i primi a pagarne il prezzo sono i civili più poveri, mentre chi governa risente poco o nulla di questo genere di “punizioni”.

Alla luce di tutto questo è sacrosanto per un paese volersi svincolare da questa morsa, non si tratta di fare il tifo per il dittatore di turno, si tratta, molto più banalmente, di giochi di potere; le nazioni occidentali (con gli usa in testa) attraverso embarghi e sanzioni affamano i popoli nel tentativo di favorire un cambio di potere nel paese, strategia che però raramente ha successo, il più delle volte quello che accade è che il governo che si desiderava colpire si rafforza, mentre la popolazione continua a patire fame, povertà e miseria. Il consiglio che Glazyev indirizza a Putin, quindi, è tutt’altro che banale, anzi, dimostra come i russi stiano iniziando a comprendere il vero potenziale delle criptovalute; ovviamente la questione è più complicata di così, come dimostra bene il caso del Petro venezuelano.

Non basta emettere una propria criptovaluta per risolvere il problema, se nessuno infatti è disponibile a comprare quella moneta la questione resta irrisolta; consigliando alla Russia di adottare una criptovaluta, quindi, è come se Glazyev stesse implicitamente sostenendo la necessità di utilizzare bitcoin. Solo in questo modo, infatti, è possibile non solo scongiurare il rischio di sanzioni ma anche attrarre capitali stranieri nel paese ed avere la garanzia che la moneta adottata difficilmente potrà essere boicottata. Del resto dovrebbe apparire evidente a tutti che passare dalle attuali valute FIAT a criptovalute che, allo stesso modo, vengono emesse, gestite e garantite dalle banche centrali finirebbe inevitabilmente per depotenziare il vero valore di questa tecnologia, che è nella decentralizzazione; avere delle cripto di stato centralizzate, poi, aumenterebbe la capacità di controllo dei governi sui cittadini cioè esattamente quello che le monete decentralizzate vorrebbero evitare.

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