Criptovalute: Singapore ha in mente un taglio delle tasse per sostenere l’industria blockchain

Nella giornata di ieri il quotidiano locale South China Morning Post ha pubblicato un interessante articolo, a firma Gwenda Ho, in cui si analizza la decisione di esentare l’imposta sui beni e servizi (la GST, l’equivalente della nostra IVA) sulle transazioni in criptovalute (una notizia di cui ci siamo occupati anche noi di ValuteVirtuali); secondo quanto riportato dal quotidiano, quindi, Singapore intenderebbe sostenere il mercato delle criptovalute riducendo la tassazione sul settore e favorendo la spesa in beni e servizi. Nello stesso articolo Ho evidenzia anche come questo sia un modo per ridurre il divario di Singapore rispetto ad Hong Kong, dove non c’è alcuna tassa paragonabile all’iva, almeno per quanto riguarderà il comparto delle criptovalute; in ogni caso, nonostante le voci di corridoio volessero che la nuova proposta di legge fosse in vigore già dal primo luglio, da quel che si apprende attualmente la data di entrata in vigore sarà invece il primo gennaio del 2020, per cui ci sarà tempo per monitorare come e in che misura il taglio della GST inciderà sull’industria crittografica di Singapore. La cosa interessante, come abbiamo iniziato a rilevare sistematicamente in molti articoli pubblicati negli ultimi giorni, è constatare come sempre più governi siano andati ormai già oltre il concetto di non ostacolare la nascita della nuova industria blockchain nei rispettivi paesi, approdando alla consapevolezza che è sia utile che necessario, in questa fase, sostenere la crescita del mercato delle valute virtuali. Nonostante molte figure di spicco all’interno delle istituzioni si abbandonino spesso ad esternazioni dichiaratamente ostili nei confronti delle criptovalute, quando poi si passa dalle chiacchiere coi giornalisti all’azione di governo, nei fatti, notiamo lo sforzo da parte di quasi tutti i paesi di investire e lasciare spazio alla crescita di questo nuovo settore industriale. Ovviamente, e non abbiamo mancato di evidenziarlo in questi giorni, è naturale che l’assenza di coerenza tra dichiarazioni e azione di governo susciti un certo spaesamento agli occhi di investitori ed appassionati, tuttavia chi è abituato ad osservare l’evoluzione di questo mercato sa bene quanto sia importante cancellare il rumore di fondo ed attenersi ai fatti; tolte dal piano della discussione le dichiarazioni di certe istituzioni, poi, nei fatti, ciò che resta è un’azione di governo che, a livello internazionale, si mostra ormai chiaramente poco ostile al mondo delle cripto. Questo, ovviamente, non significa che i regolatori consentiranno al mercato di autoregolamentarsi o di continuare ad operare in presenza di un vuoto normativo, come è stato, sostanzialmente, fino ad oggi, ma certamente non appare esserci, allo stato attuale delle cose, la volontà da parte di governi e istituzioni di provare ad infliggere al mercato un colpo letale. Tutto questo per quanto riguarda, più in generale, il mercato delle criptovalute e l’industria blockchain, perché per quel che riguarda bitcoin la situazione è leggermente diversa; come sappiamo, infatti, nel corso di questo 2019 è aumentata la quota di liquidità riconducibile ai grandi investitori istituzionali, mentre sono diminuiti gli investitori retail. I grandi investitori istituzionali, per chi non lo sapesse, altro non sono che banche, piccole istituzioni locali, fondi pensione, di conseguenza man mano che queste entità decideranno di investire in bitcoin questa moneta acquisterà solidità, fino a che arriverà il giorno in cui, finalmente, bitcoin sarà semplicemente così interconnesso col resto dell’economia da non poter più essere messo in discussione.

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