Criptovalute: ripple teme l’effetto libra, la Cina invece no

Il giorno dopo la presentazione di libra, la nuova criptovaluta a cui sta lavorando facebook, le reazioni a livello internazionale non si sono fatte attendere e sono arrivate da tutti i principali paesi al mondo; a quanto pare ora è arrivato il turno delle aziende concorrenti. Ad entrare nel merito della questione, infatti, è stato Brad Garlinghouse, CEO di Ripple, il quale si è detto preoccupato del fatto che l’intero ecosistema rischi adesso una regolamentazione potenzialmente più rigorosa di quanto non fosse lecito attendersi a causa delle tensioni provocate dalla presentazione di libra; Garlinghouse ha espresso i suoi commenti in un’intervista con Fortune il 25 luglio, il che è sembrato a molti una contraddizione, visto che lui stesso aveva dichiarato, qualche tempo prima, che Facebook aveva aiutato a legittimare le criptovalute e aumentato l’interesse da parte di istituzioni finanziarie le quali, proprio dalla metà del mese scorso, avrebbero iniziato a utilizzare XRP nei pagamenti transfrontalieri.

Ripple teme l’effetto libra

Le due posizioni, tuttavia, a me paiono perfettamente conciliabili; da un certo punto di vista è innegabile che libra abbia calamitato l’interesse delle persone comuni verso il mondo delle cripto, d’altro canto è vero però che la sua presentazione è anche parsa capace di scuotere dal loro torpore i regolatori che, come svegliatisi improvvisamente, ora si sentono in dovere di agire e di farlo in fretta, cosa che prima raramente ci era capitato di vedere. A non porsi minimamente il problema di libra, invece, sono i cinesi, che la settimana scorsa hanno dichiarato per bocca di Ren Zhengfei (CEO di Huawei) di non essere per nulla intimoriti dalla cripto made in facebook; secondo il CEO di Huawei, infatti, la Cina non dovrebbe stare a farsi troppi problemi e invece che preoccuparsi di libra farebbe meglio ad emettere una propria cripto. Intervistato dall’italiano Fabio Savello, Zhengfei ha colto l’occasione di parlare per affermare che:

La Cina può anche emettere tale valuta da sola. Perché aspettare che altri lo facciano? Il potere di uno stato è sempre maggiore di quello di una web company”

Come noto la Cina sta valutando seriamente la possibilità di emettere una propria cripto di stato, mentre al contempo si preoccupa che la diffusione di questi strumenti non finisca per indebolire il governo in patria, cosa che in questo momento sembra essere l’unica cosa capace di spaventare realmente la Cina. Insomma, la sensazione è che libra procuri molti più grattacapi in occidente, mentre in oriente, dalla Cina al Giappone, non sta provocando chissà quali preoccupazioni.

Il motivo, probabilmente, è che parliamo di paesi che non sono così legati ai prodotti di Zuckerberg e che utilizzano le proprie piattaforme social, le quali hanno già implementato strumenti di pagamento nei rispettivi servizi (pensiamo a WeChat in Cina o a Line in Giappone); ecco spiegato perché, mentre nei paesi del blocco occidentale la presentazione di libra ha mandato tutti in fibrillazione, nei paesi dell’area asiatica la notizia non ha scaldato più di tanto gli animi. Certo, c’è curiosità e un filo di inquietudine per come si muoverà la libra association ma, sinceramente, in Asia in questo momento pare abbiano altro a cui pensare.

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