Criptovalute e sovranismo: per Stephen Bannon sono due facce della stessa medaglia, comunque la si pensi la questione esiste

Lo dico subito, a scanso di equivoci, essere d’accordo con Stephen Bannon non è esattamente una di quelle cose che mi migliori la giornata, tuttavia, come si suol dire, anche un orologio guasto segna l’ora giusta per due volte al giorno; comunque la si voglia pensare fatto sta che, intervistato dalla CNBC nella giornata di ieri, Bannon ha voluto tracciare una linea che mette insieme criptovalute e sovranismo, sostenendo che bitcoin potrebbe diventare un’arma importante nelle mani di quella “rivolta populista globale” alla cui esistenza, però, mi pare credano solo lo stesso Bannon e i suoi accoliti.

Stephen Bannon parla di criptovalute e sovranismo

Intendiamoci, diversi concetti espressi da Bannon hanno un senso e meritano di essere affrontati, ma è sul piano politico che le sue posizioni risultano deliranti; non c’è nessuna internazionale populista in giro, Bannon ha le allucinazioni, c’è solo una tendenza politica che mostra già i primi segnali di indebolimento e che non caratterizza neanche tutti i paesi del blocco occidentale. L’era politica inaugurata da Trump non durerà per sempre e, anche ammesso che il piccolo Donald venga rieletto, nel giro di quattro anni il mondo volterebbe pagina e questa triste parentesi della nostra storia finirebbe ben presto nel dimenticatoio; comunque sia, almeno a livello concettuale, Bannon non ha tutti i torti. Se pensiamo alle forze populiste e sovraniste nel nostro continente, ad esempio, sono tutte mediamente accomunate da posizioni anti-euro, di conseguenza l’alternativa alla moneta unica europea esiste già, si chiama bitcoin ma, a quanto pare, questa sorta di armata brancaleone sovranista non sembra interessata ad approfittarne.

Potenzialmente, quindi, Bannon avrebbe anche ragione, ma non considera che questo interesse, tra le forze politiche che, a livello internazionale, gli orbitano intorno (o sarebbe meglio dire intorno a cui lui orbita), non lo ha in realtà manifestato ancora nessuno; è vero anzi il contrario, in USA Trump si è appena scagliato contro le cripto facendo il panegirico del dollaro su twitter, in Italia Salvini è troppo preso a giocare a fare lo sceriffo per degnarsi di intraprendere una qualunque azione di governo, in Francia Le Pen sembra non essere una grande appassionata di tecnologia (e figuriamoci di crittografia) e così via, potremmo continuare facendo il giro del mondo, ma il risultato sarebbe sempre lo stesso, nessuno, all’interno di questo fantomatico fronte populista internazionale, sembra interessato ad usare le criptovalute come arma politica.

C’è un altro aspetto interessante, poi, che emerge nel corso dell’intervista con la CNBC e su cui, sia pure nel suo modo sconclusionato, credo che Bannon possa avere ragione; sto parlando del passaggio in cui evidenzia come le criptovalute (e soprattutto bitcoin) abbiano la possibilità di sostituire il dollaro nel commercio mondiale, permettendo così a molti paesi, che nel tempo hanno dimostrato una certa intolleranza alle politiche statunitensi, dalla Russia alla Cina, passando per Iran, Corea del Nord e larga parte dell’America del Sud, di svincolarsi dall’egemonia USA prima a livello economico e, conseguentemente, anche sul piano politico. Al netto di tutte queste considerazioni non dobbiamo mai dimenticare che Bannon è un personaggio alquanto squalificato, in perenne caccia di qualche finanziatore generoso, disposto a vendersi anche la mamma per due lire, di conseguenza è sempre opportuno prendere le sue dichiarazioni con la dovuta accortezza; l’interesse che, di recente, Bannon ha manifestato per il mercato delle cripto afferisce più alla possibilità di raccattare qualche spicciolo dalle tasche di qualche malcapitato (e sprovveduto) investitore che non a un progetto di carattere anche solo vagamente politico, anche se ovviamente il buon vecchio Stephen sa benissimo come fare a dissimulare i suoi reali interessi.

Ultimamente, ad esempio, ce lo siamo trovati in mezzo ai piedi qui in Italia, arrivato puntuale come la morte e le tasse a proporre le sue onerosissime consulenze in occasione delle ultime elezioni europee; proprio qui nel nostro paese, pensa tu quanto è piccolo il mondo alle volte, questo piccolo Yoda della politica made in USA ha avuto la brillante idea di proporre una valuta digitale italiana sostenuta dai depositi di marmo del paese dimostrando in un colpo solo di non capire nulla ne di criptovalute, ne di marmo ne della storia del nostro paese. Quello che ha fatto Bannon, semplicemente, è stato pensare a qualcosa per cui l’Italia fosse famosa, però non poteva proporre una criptovaluta garantita da depositi di Lamborghini, o di Nutella, quindi, hey, facciamo il marmo; sarebbe stato interessante chiedere allo stratega Bannon quale sarebbe il vantaggio per l’Italia di emettere una criptovaluta legata a depositi di marmo, perché sinceramente non mi pare ve ne sia alcuno. Intanto l’Italia non ha depositi di marmo, non è che accumuliamo marmo nei depositi di Banca d’Italia come se fosse oro, quindi per porlo a garanzia dell’emissione di una criptovaluta dovremmo comprarlo; si viene a creare quindi un meccanismo per cui per ogni 1000€ che raccolgo io devo acquistare 1000€ di marmo e metterlo da parte.

Quello che succederebbe, a un certo punto, è che il marmo inizierebbe a scarseggiare per la produzione industriale e i prezzi aumenterebbero; dato che la nostra criptovaluta è agganciata al prezzo del marmo, ecco che aumenterebbe anche lei e ci troveremmo con una moneta probabilmente molto più forte dell’euro e sulla quale, allo stesso modo che con l’euro, non potremmo fare politica monetaria visto che il numero di monete a disposizione sarebbe predeterminato. Quale dovrebbe essere il vantaggio di tutta questa pantomima? Smettere di usare l’euro come sistema paese? Per ottenere cosa? Il punto qui è che il passaggio alle criptovalute deve essere funzionale a un cambiamento radicale della società, se invece, come propone implicitamente Bannon, si pretende di piegare questa tecnologia alle stesse logiche che hanno retto il sistema fino ad oggi si finirebbe inevitabilmente col disinnescarne il potenziale rivoluzionario. Il motivo per cui l’Italia dovrebbe passare a una cripto di stato non è certamente smettere di usare l’euro, anzi; questo paese potrebbe tranquillamente emettere una stablecoin, agganciarla all’euro e approntare una legge che stabilisca che la forma di pagamento ufficiale nel paese è proprio la stablecoin.

I vantaggi di una scelta del genere sarebbero tantissimi, intanto staremmo comunque usando l’euro (anche se la sua versione digitale), uno smart contract potrebbe regolare, ad esempio, il pagamento dell’iva ad ogni transazione, riducendo così burocrazia, costi ed evasione; un algoritmo di intelligenza artificiale, per fare un altro esempio, potrebbe mettere a riscontro i dati della dichiarazione dei redditi con quelli dei wallet e, in caso di incongruenze, la cosa potrebbe essere risolta per direttissima, appianando il dovuto e senza necessariamente addebitare multe esose, basterebbe partire dal presupposto che s’è trattato di un errore (anche perché da un meccanismo di controllo del genere non si scappa). Ecco quindi che i vantaggi di un modello di questo tipo sono molto più rilevanti di quelli che derivano dalla semplice applicazione di politiche monetarie; è proprio questo il punto che persone come Bannon non sembrano voler comprendere, le criptovalute non sono pensate per essere strumenti di politica monetaria, ma sono pensate invece proprio con l’obiettivo opposto, mantenere l’utilità del denaro ma privando i governi del controllo sulla leva monetaria.

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