Negli ultimi mesi Bitcoin ha attraversato una fase di correzione significativa, perdendo parte dei guadagni accumulati durante il 2025 e mettendo in allerta analisti e investitori. Dopo aver sfiorato i massimi annuali a inizio ottobre, la principale criptovaluta è scivolata fino a circa 80.000 dollari il 21 novembre, trovando poi un fragile equilibrio attorno agli 86.000 dollari. Secondo un’analisi di Deutsche Bank, questo calo non è un semplice movimento tecnico, ma il risultato di una combinazione di fattori macroeconomici, regolamentari e comportamentali, che hanno cancellato oltre 1.000 miliardi di dollari di capitalizzazione dal mercato crypto.
Le analiste Marion Laboure e Camilla Siazon hanno individuato cinque elementi principali che hanno alimentato la fase ribassista di Bitcoin e stanno condizionando le prospettive future del settore.
1. Crollo del sentiment di mercato e legame sempre più stretto con l’azionario
Bitcoin ha mostrato una correlazione crescente con i principali indici americani, comportandosi sempre più come un asset tecnologico ad alto rischio. Durante le turbolenze legate allo shutdown del governo USA, alle tensioni tra Stati Uniti e Cina e ai dubbi sulle valutazioni dei titoli legati all’intelligenza artificiale, anche Bitcoin ha perso terreno.
La criptovaluta ha registrato una correlazione del 46% con il Nasdaq 100 e del 42% con l’S&P 500, valori simili a quelli osservati nei momenti di forte stress dei mercati, come nel 2022 durante la crisi legata al COVID. In sostanza, Bitcoin ha temporaneamente perso il ruolo di bene rifugio decorrelato, seguendo invece i movimenti tipici degli asset più speculativi.
2. Politica monetaria della Fed sempre più aggressiva
Nonostante un taglio dei tassi di 25 punti base a ottobre, la Federal Reserve ha adottato un linguaggio molto prudente, alimentando dubbi sul percorso dei tassi d’interesse nei prossimi mesi. La dichiarazione del presidente Jerome Powell, secondo cui un nuovo taglio a dicembre “non è affatto scontato”, ha innescato ulteriori vendite. Anche la governatrice Lisa Cook ha confermato che non ci sono garanzie su ulteriori allentamenti della politica monetaria. L’incertezza sui tassi si riflette direttamente su Bitcoin, che quest’anno ha mostrato una correlazione negativa del 13% con le mosse della Fed: più i tassi restano alti, più aumentano le pressioni ribassiste sulle criptovalute.
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3. Stallo normativo e timori per il Digital Asset Market CLARITY Act
L’entusiasmo che aveva caratterizzato il settore crypto durante l’estate si è raffreddato con il blocco al Senato del Digital Asset Market CLARITY Act, la proposta normativa che avrebbe dovuto dare maggior certezza giuridica a imprese e investitori. L’assenza di una cornice regolamentare chiara negli Stati Uniti ha rallentato l’adozione, ridotto la liquidità e alimentato nuovi timori. A confermarlo sono i dati: la volatilità di Bitcoin è passata dal 20% di agosto al 39% di novembre, mentre l’utilizzo retail negli USA è sceso dal 17% al 15% tra luglio e ottobre.
4. Fuoriuscita di capitali istituzionali e calo della liquidità
Uno dei segnali più evidenti della fase correttiva è stato il deterioramento della liquidità sui principali exchange. Durante la forte vendita del 10 ottobre, la liquidità sul lato ask è praticamente scomparsa per alcuni minuti, creando condizioni perfette per un crollo veloce e improvviso del prezzo. La profondità dei book resta oggi inferiore rispetto a quella di inizio ottobre, mentre i grandi investitori hanno ritirato fondi da ETF e strumenti istituzionali legati a Bitcoin. Il risultato è stata una riduzione di circa il 24% della capitalizzazione complessiva delle criptovalute, contribuendo ad accentuare la fase ribassista.
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5. Vendite massicce anche dai detentori di lungo periodo
Il fattore forse più significativo e inusuale riguarda i cosiddetti long-term holders, ovvero gli investitori storici che solitamente mantengono Bitcoin anche nei momenti di maggiore volatilità. Nell’ultimo mese, questi investitori hanno venduto oltre 800.000 BTC, il volume più alto da gennaio 2024. Questo comportamento insolito ha intensificato la pressione sul mercato, spingendo l’Indice di Paura e Avidità fino a quota 11, uno dei valori più bassi dell’intero 2025. La paura di ulteriori ribassi e il timore di margin call sulle posizioni con leva hanno contribuito a creare un contesto emotivo estremamente fragile.
Bitcoin nel breve termine: cautela, ma le prospettive di lungo periodo restano aperte
Secondo Deutsche Bank, il recente sell-off non rappresenta un cambio strutturale per Bitcoin, ma un fisiologico momento di pausa dopo mesi di rally. Tuttavia, la combinazione di incertezza normativa, volatilità marcata e correlazione con gli asset tradizionali rende probabile una fase di instabilità nel breve periodo. Gli occhi sono puntati su tre variabili decisive: politica monetaria USA, regolamentazione e ritorno della liquidità istituzionale. Se queste condizioni si stabilizzeranno, il mercato potrebbe ritrovare slancio nei primi mesi del 2026.
Bitcoin rimane un asset complesso e in continua evoluzione: non più solo uno strumento speculativo, ma nemmeno ancora una definitiva riserva di valore. Il futuro dipenderà dall’equilibrio tra questi due mondi.
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