Le ICO stanno affrontando un momento difficile anche in virtù del mercato ribassista che ha ridotto sensibilmente l’entusiasmo intorno al mondo delle criptovalute (basta farsi un giro sui social per constatarlo), tuttavia c’è da giurare che quando il mercato invertirà la propria direzione e tornerà a crescere anche l’attenzione verso le ICO tornerà ad aumentare. Se poi consideriamo che l’economia mondiale sta per entrare in una spirale recessiva (ancora), e che tale fenomeno inizierà ad essere sempre più marcato ed evidente a partire dal secondo trimestre di quest’anno appare abbastanza chiaro che, dopo dodici mesi di ribassi consecutivi, siamo probabilmente vicini alla fine del mercato orso. Onde evitare di farci trovare impreparati dalla nuova ondata di hype che, di questo sono certo, tornerà ad animare il mondo delle criptovalute tentiamo di fare un po’ il punto di quella che è, allo stato attuale, la regolamentazione delle ICO (per le cripto l’abbiamo già fatto in un vecchio post) in Europa e nel resto del mondo
Come sono regolamentate le ICO in Europa
In Europa le ICO sono consentite sostanzialmente in tutti i paesi, ovviamente con diversi approcci sul piano normativo in base al paese; a livello comunitario non c’è una vera e propria regolamentazione, tuttavia con una circolare del novembre 2017 la comunità europea ha evidenziato come le ICO rappresentino un investimento ad alto rischio per gli investitori affermando al contempo che questo implica per le aziende l’obbligo di adempiere a tutti i requisiti normativi che già regolano le attività finanziarie assimilabili (IPO). A livello nazionale Italia, Germania e UK non hanno alcuna normativa che regolamenti l’emissione di ICO ma le rispettive autorità centrali si sono limitate a seguire le tracce di quanto fatto dall’UE, attraverso circolari che evidenziano la natura ad alto rischio di questo tipo di investimenti e che quasi inevitabilmente sembrano implicare la necessità per le aziende che intendono emettere una ICO di adeguarsi alle normative già in vigore che regolamentano la normale attività finanziaria. Diverso il discorso in Svizzera ed Estonia, paesi in cui si è tentato di introdurre una regolamentazione ad hoc senza però riuscire fisicamente a concludere il lavoro, che è quindi naufragato in nulla. Per quanto riguarda la Francia è il paese in Europa in cui la regolamentazione delle ICO è in fase più avanzata, grazie all’introduzione del sistema chiamato “ICO Visa” le aziende (esclusivamente francesi) che vorranno lanciare una propria ICO potranno inviare il loro incartamento (comprensivo di white paper, roadmap, etc) a un’autorità pubblica che si occuperà di validarlo e, quindi, autorizzarlo. Chiudiamo la nostra rassegna sull’attuale stato della regolamentazione delle ICO in Europa con la Spagna che, come emerso da recenti dichiarazioni, si appresta a varare una serie di norme per attirare le imprese che a livello internazionale emettono ICO (se volete approfondire il discorso leggete il nostro articolo di due settimane fa https://monetevirtuali.pro/il-governo-della-spagna-si-prepara-ad-attirare-le-imprese-blockchain-emittenti-ico/); resta da vedere però se la recente caduta del governo spagnolo con le prossime imminenti elezioni (che si terranno a fine aprile) non finirà col bloccare questa iniziativa.
Regolamentazione delle ICO in Asia
A livello di regolamentazione l’Asia è quella che registra le norme più rigide e intransigenti quando si parla di ICO; nonostante paesi come il Giappone, la Corea del Sud e la stessa Cina siano comunemente percepiti tra i principali leader mondiali quando si parla di criptovalute e tecnologia blockchain, il quadro normativo che regolamenta le ICO in questi paesi sembra poter finire col tagliare sostanzialmente fuori il mercato asiatico da questo settore delle cripto. In Cina e Corea del Sud le ICO sono sostanzialmente vietate (anche se ovviamente non si può impedire a nessuno di investirci sopra, ma si può impedire che vengano emesse). Più leggere le restrizioni per quel che riguarda paesi come il Giappone e Singapore nei quali le ICO non sono vietate ma in cui sono già assoggettate alle normative che regolano i prodotti finanziari con la possibilità che in un prossimo immediato futuro arrivi una regolamentazione ad hoc che potrebbe anche finire col rendere più disagevole l’emissione di una ICO in questi paesi rispetto a quanto non avvenga già oggi. Più morbida la situazione in Thailandia, Hong Kong e Filippine, paesi dove le ICO non sono ancora state regolamentate e dove le società che vogliono finanziarsi attraverso questo strumento trovano condizioni nettamente favorevoli per farlo (come inevitabile che sia laddove sono presenti evidenti vuoti normativi).
L’emissione di ICO in USA e Canada
Per quanto riguarda il nord america iniziamo a dire che in Canada abbiamo una situazione già più strutturata di quanto non avvenga in altre parti del mondo; qui le ICO sono equiparate sostanzialmente a dei titoli dal Canadian Securities Administrators e questo implica che chi vuole emetterle deve adempiere agli stessi obblighi di legge che regolamentano il mercato dei titoli. Negli USA, invece, manca un quadro normativo a livello federale ma i singoli stati si sono mossi in maniera differente, per cui nel paese ci sono diverse opportunità per chi vuole operare in questo settore. C’è da dire che però la SEC (anche se non c’è uniformità di vedute in questo) sembra orientata ad avocare a se la gestione delle ICO e questo perché le considera veri e propri titoli a tutti gli effetti, con la conseguenza che tutti i maggiori osservatori considerano un eventuale giro di vite sulla regolamentazione delle ICO negli USA non solo plausibile ma persino imminente (anche se se ne parla ormai da diverso tempo senza mai approdare a nulla di definitivo).
Emettere ICO in Russia e Israele
Chiudiamo questa rassegna con due paesi che, sia pure in forma differente, sono comunemente considerati molto importanti nel mondo delle cripto; la Russia perché il governo non ha mai negato il proprio interesse verso lo strumento della blockchain e Israele perché è ormai da anni uno dei leader mondiali per quanto concerne il mercato della tecnologia. Per quanto riguarda la Russia non esiste ancora una vera e propria regolamentazione, ma Mosca ha già lasciato intendere che vuole procedere a regolamentare il mercato quanto prima; da quello che mi sembra di capire (ma è una mia interpretazione) il solo motivo per cui la Russia non si è ancora dotata di un vero e proprio quadro normativo per regolamentare le ICO è che il Cremlino preferirebbe farlo in un’ottica di cooperazione internazionale. Questo approccio è al contempo sia ragionevole che interessante, perché ci dimostra come la Russia consideri l’economia blockchain centrale per il proprio sviluppo e tenti quindi di prendere tempo prima di emanare un quadro normativo che, in presenza di decine di paesi in cui siamo ancora in piena deregolamentazione, rischierebbe di tagliarla fuori da questo segmento del mercato. Per quanto riguarda Israele le norme di riferimento sono le stesse che regolamentano già i prodotti finanziari con l’Israeli Securities Authority che ha equiparato le ICO ad asset finanziari
Conclusioni
Gli aspetti normativi quando si parla di ICO sono, a mio parere, estremamente più rilevanti di quanto non possano esserlo per quanto riguarda più in generale il mondo delle criptovalute; con esiti che, potenzialmente, possono avere effetti disastrosi sul destino di questo genere di strumenti. Se le cripto sono difficili da regolamentare e per certi versi è persino impossibile farlo, lo stesso non vale per le ICO; oggettivamente è molto difficile sostenere che non siamo di fronte a uno strumento di natura finanziaria che, in quanto tale, è inverosimile possa continuare a giovarsi dell’attuale vuoto normativo che caratterizza molti paesi. La domanda che dovremmo porci è se le ICO si rivelerebbero capaci di sopravvivere a un eventuale giro di vite normativo o se non finirebbero invece per perdere quella caratteristica snellezza che ne ha sancito il successo negli ultimi anni; personalmente penso che per le aziende operanti realmente su blockchain le ICO rimarrebbero comunque uno strumento ideale per finanziarsi a prescindere da quanto restrittive potranno essere le norme introdotte dai vari paesi, tuttavia mi pare francamente scontato che un irrigidimento della regolamentazione toglierebbe molto del suo fascino a questo strumento. L’altra domanda che è necessario porsi riguarda poi l’impatto che l’introduzione di un quadro normativo ad hoc per regolamentare le ICO potrebbe avere sul prezzo delle criptovalute agganciate a piattaforme il cui core business è proprio nell’emissione di nuovi token finalizzata, a sua volta, al lancio di una Initial Coin Offering. Quello che dobbiamo domandarci, in altre parole, è per esempio che effetto avrebbe sul prezzo di ETH un’eventuale presa di posizione netta della SEC che arrivasse ufficialmente ad equiparare le ICO a uno strumento finanziario, con tutto ciò che ne consegue in termini di adempimenti burocratici per tutte quelle aziende e organizzazioni che avrebbero potuto trovare proprio nelle ICO uno strumento ideale per finanziare la propria attività. Anche se attualmente in molti paesi manca ancora una legislatura ufficiale in materia appare abbastanza chiaro, in questa fase, la volontà da parte delle maggiori istituzioni economiche internazionali di considerare le ICO al pari dei classici strumenti finanziari, affermando così implicitamente che gli obblighi di legge a cui le aziende che intendono emettere una ICO dovrebbero sottoporsi sarebbero sostanzialmente identici a quelli richiesti per una IPO (quella che in Italia chiamiamo “offerta pubblica iniziale”). Per il resto è difficile affermare se tutto questo sia un bene o un male per il mercato delle cripto, se sia preferibile una situazione di completa deregolamentazione o se non sia invece auspicabile l’introduzione di norme ad hoc a tutela degli investitori; che gli scandali e le truffe facciano male al mondo delle cripto è una banalità, non è quindi un caso che alcuni dei principali attori sul mercato delle ICO (cito ad esempio la piattaforma Waves) abbiano già dichiarato di essersi orientati a realizzare un programma di “auto-regolamentazione” teso proprio a tutelare utenti ed investitori, indipendentemente dall’esistenza di una normativa che li obblighi a farlo. Questa, secondo me, è la strada che si può e che si deve percorrere, per dimostrare al contempo che l’ecosistema delle criptovalute è perfettamente capace non solo di organizzare l’emissione e la circolazione di moneta senza un’autorità di controllo centrale, ma che è persino capace di regolamentarsi anche in assenza di un’azione legislativa e dimostrando in questo modo agli scettici la grande forza che non solo questa tecnologia ma tutto l’universo di persone che ci operano dentro sono capaci di esprimere.
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