Che le criptovalute si apprestino a rivoluzionare, tra le altre cose, gli equilibri geopolitici a livello internazionale è cosa abbastanza nota ormai anche ai non addetti ai lavori; non c’è paese che attraversi una crisi economica o politica che non stia guardando con enorme interesse all’uso di questi strumenti, dal Venezuela alla Turchia (alle prese con la svalutazione delle rispettive monete), passando per Iran e Cuba (che devono invece misurarsi con le sanzioni imposte unilateralmente dagli USA) fino ad arrivare al Regno Unito alle prese con la brexit, in tutti questi paesi il dibattito pubblico sull’uso delle criptovalute è uscito enormemente rinvigorito dal deteriorarsi delle prospettive di stabilità economica di medio/lungo periodo.
Guerra alle criptovalute tra USA e CINA
Non stupisce quindi quanto dichiarato durante il simposio annuale della Federal Reserve a Jackson Hole, e riportato puntualmente da Bloomberg nella giornata di ieri, da Mark Carney, attuale governatore della banca centrale inglese, il quale ha auspicato una trasformazione del sistema finanziario globale da perseguire attraverso la sostituzione del dollaro come moneta di riferimento sui mercati mondiali con una criptovaluta il cui valore sia agganciato a un paniere di beni reali (simile quindi in tutto e per tutto a libra). Il ragionamento di Carney non è poi così strampalato, il governatore della banca inglese, infatti, vede chiaramente che l’egemonia USA sul mondo è in declino e vede altrettanto chiaramente l’ascesa del colosso cinese, di conseguenza dal suo punto di vista è più auspicabile che il dollaro venga sostituito da una moneta svincolata dall’influenza di qualunque paese invece che dal renminbi cinese; Carney, in altre parole, si rende conto che non c’è modo di fermare l’ascesa del colosso asiatico, di conseguenza dimostra di intuire l’importanza strategica che le monete crittografiche hanno nel ridisegnare gli equilibri geopolitici senza con questo consegnarsi mani e piedi legati alla Cina. Entrando più nello specifico nel suo discorso Carney ha dichiarato che:
“Una nuova valuta egemonica artificiale potrebbe essere meglio fornita dal settore pubblico attraverso una rete di CBDC; del resto la combinazione di un’accresciuta incertezza sul piano della politica economica, unitamente alle sempre più evidenti tendenze protezioniste e alla preoccupazione che ulteriori shock negativi non possano essere adeguatamente compensati sta esacerbando il pregiudizio disinflazionistico nell’economia globale.”
Carney non fa quindi altro che evidenziare come a fronte del deterioramento della stabilità (sia economica che politica) sullo scenario internazionale aumenti proporzionalmente la domanda da parte di risparmiatori e investitori di una valuta capace di resistere alle spinte inflazioniste di una politica monetaria che, allo stato attuale delle cose, non ha altra scelta che continuare a inondare i mercati di liquidità. Mentre la BCE si appresta a varare nuovi piani espansivi per sostenere la frenata della locomotiva tedesca, negli usa Trump dichiara guerra alla FED pretendendo un ulteriore taglio dei tassi e i Cinesi svalutano, più o meno intenzionalmente, la propria moneta in risposta a quanto deciso a Washington e Bruxelles, investitori e risparmiatori (grandi o piccoli che siano) vivono con crescente ansia la possibilità che un’ondata inflattiva divori i loro averi.
Tutta questa questione ha però anche un risvolto, che è stato messo in luce questa volta dal CEO di Circle, Jeremy Allaire; partecipando al podcast di Global Coin Research di questa settimana, infatti, Allaire ha evidenziato come il ritardo statunitense nell’emissione di una propria CBDC rispetto alla Cina rappresenti un grosso problema per gli interessi del mondo occidentale. Il CEO di Circle, dimostrando una certa lungimiranza, rimarca come il lancio di un renminbi digitale consentirebbe a molti paesi di aggirare i sistemi di pagamento attualmente sotto il controllo diretto dei paesi occidentali e con essi anche eventuali sanzioni. La diretta conseguenza di tutto questo sarebbe che progressivamente assisteremmo all’abbandono del dollaro come moneta preferita per gli scambi internazionali e all’ascesa della CBDC cinese, esattamente quello che il governatore della banca centrale inglese, come spiegavamo poco più sopra, vorrebbe evitare; la soluzione, di conseguenza, non può essere quella di inasprire i regolamenti che normano il mercato delle criptovalute ma deve essere necessariamente quella di colmare il gap con la Cina accettando la rivoluzione radicale che questi nuovi strumenti portano con se.
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