Il prezzo di Bitcoin, la più grande criptovaluta al mondo, continua a stupire gli investitori. Dopo un anno già brillante, la moneta digitale ha toccato quota 126.000 dollari il 6 ottobre 2025, segnando un rialzo di circa 30% da inizio anno e riaccendendo la domanda che tutti si pongono: fino a dove può arrivare?
Bitcoin dopo l’halving: l’offerta si riduce, la domanda cresce
Dall’ultimo halving di aprile 2024, la produzione giornaliera di nuovi Bitcoin è dimezzata da 900 a circa 450 unità al giorno, riducendo ulteriormente la già scarsa offerta disponibile. Poiché il numero massimo di Bitcoin che potrà mai esistere resta fissato a 21 milioni, la scarsità è destinata ad aumentare nel tempo. Questo meccanismo economico elementare – meno offerta a fronte di una domanda stabile o crescente – crea le basi per una pressione rialzista di lungo periodo.
Parallelamente, la domanda istituzionale sta giocando un ruolo sempre più rilevante. I nuovi ETF spot su Bitcoin stanno attirando flussi record: nella sola settimana terminata il 4 ottobre 2025 sono affluiti 5,9 miliardi di dollari nei fondi legati alle criptovalute, trainati dai prodotti statunitensi. Le continue entrate nette mostrano che il mercato sta evolvendo e che banche, fondi e investitori professionali stanno finalmente abbracciando il Bitcoin come asset strategico.
In questo scenario, un eventuale balzo a 130.000 dollari non rappresenterebbe un’impennata straordinaria, ma un incremento fisiologico di pochi punti percentuali rispetto ai recenti massimi. Finché la domanda resta forte e l’offerta limitata, il trend appare chiaramente orientato verso l’alto.
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Il ruolo della macroeconomia: la fuga dal dollaro e la corsa agli asset scarsi
Oltre ai fattori tecnici del mercato crypto, il contesto macroeconomico globale sta giocando a favore del Bitcoin. Negli ultimi anni, la fiducia verso il dollaro statunitense ha iniziato a vacillare a causa dell’inflazione persistente e dell’aumento del debito pubblico USA, che hanno alimentato il cosiddetto “dollar debasement trade”: la tendenza degli investitori a rifugiarsi in beni rifugio con offerta limitata, come oro e Bitcoin, quando temono una perdita del potere d’acquisto delle valute tradizionali.
Il dollaro ha visto diminuire la propria capacità di acquisto per decenni, ma l’impennata inflazionistica iniziata nel 2022 ha aggravato la situazione. Le previsioni di deficit cronici e spesa pubblica in crescita rendono plausibile un ulteriore indebolimento della valuta americana. In questo contesto, Bitcoin si propone come una riserva di valore globale, con una caratteristica che lo distingue dall’oro: la portabilità digitale e una trasparente scarsità programmata grazie al suo protocollo decentralizzato.
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Perché i 130.000 dollari sono una soglia possibile (e forse prudente)
Combinando la riduzione dell’offerta, la spinta degli ETF e la ricerca di protezione dall’inflazione, lo scenario per Bitcoin resta fortemente rialzista. Se il trend di accumulo proseguirà, i 130.000 dollari potrebbero essere non un traguardo finale, ma una tappa intermedia verso nuovi massimi storici.
Naturalmente, un eventuale peggioramento dell’economia globale potrebbe influire sulla propensione al rischio, ma finché la narrativa della scarsità digitale resterà dominante e le istituzioni continueranno a destinare capitali verso Bitcoin, la traiettoria appare tracciata.
Strategia per gli investitori: pensare in ottica di lungo periodo
Per chi crede nel valore di lungo periodo di Bitcoin, una strategia di accumulo progressivo (dollar cost averaging) può ridurre l’impatto della volatilità e permettere di beneficiare del potenziale rialzo senza esporsi a un singolo punto di ingresso. L’importante è avere un orizzonte temporale di anni, non settimane, e comprendere che Bitcoin non è solo una scommessa speculativa, ma una risposta strutturale al problema della svalutazione monetaria globale.
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