Durante il G20 di Fukuoka (Giappone) si è tenuto l’FSB (financial stability board) che raduna i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali delle prime venti economie mondiali; a stimolare l’FSB in merito alla necessità di una regolamentazione internazionale degli asset crittografici è stato il ministro delle finanze giapponesi, trovando un accordo generale da parte degli omologhi dei vari paesi. Nel documento prodotto si afferma che:

“Chiediamo all’FSB e agli organismi di impostazione standard di monitorare i rischi e prendere in considerazione il lavoro su ulteriori risposte multilaterali, se necessario”

Si tratta quindi di una dichiarazione d’intenti congiunta che, al netto del passaggio appena citato, evidenzia principalmente come la cripto-economia possa apportare benefici significativi al sistema finanziario ed economico globale; chi temeva un pesante giro di vite da questo vertice, quindi, sarà rimasto deluso. Un cambio di rotta improvviso, per certi versi, se consideriamo che durante lo stesso vertice tenutosi nel 2018 a Buenos Aires le criptovalute erano state presentate più che altro come fonte di rischio, pur evidenziando che non rappresentassero una reale minaccia per la stabilità economica mondiale, si erano espresse preoccupazioni relative alla necessità di rafforzare le misure di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. Oggi, invece, complice probabilmente la preoccupazione generalizzata per l’approssimarsi di una recessione globale, il G20 ha riconosciuto anche i benefici che il comparto delle criptovalute può potenzialmente portare all’economia internazionale. Non che nel vertice dello scorso anno tali opportunità non fossero state riconosciute, ma la sensazione era che alla fine avessero prevalso le criticità e le preoccupazioni rispetto alla diffusione delle criptovalute, cosa che invece nel G20 di quest’anno non è avvenuta. In realtà, quindi, nulla di nuovo è emerso dal G20 di Fukuoka se non forse un leggero cambio di prospettiva da parte delle principali economie mondiali; resta poi da evidenziare, come spesso ho fatto in passato, che normalmente questi vertici sono largamente inconcludenti ed anche quando si riesce a pervenire alla firma di un documento congiunto questo tende a rimanere lettera morta e non trova praticamente mai una concreta applicazione nei dodici mesi successivi. Questi vertici internazionali sembrano un po’ una sorta di scampagnata ed assomigliano in un certo senso alle feste di fine anno di una scolaresca, si tirano le somme sull’anno appena trascorso e ci si da appuntamento all’anno successivo, tra foto di rito e pranzi di gala; sono anni che gli osservatori continuano a riferire degli esiti di questi vertici nonostante in realtà producano ben poco se non un abbondante sperpero di carta. Chi guarda alla scena internazionale con un minimo di cinismo inizia ormai inevitabilmente a considerare questi vertici come una sorta di sagra del convenevole, osservandone la totale inconcludenza, riconfermata anno dopo anno, e l’ostentazione di una vuota ritualità che poi, a conti fatti, si rivela sistematicamente incapace di produrre il più piccolo risultato concreto.

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