Il governo turco ha annunciato nella giornata di ieri, presentando il nuovo piano quinquennale Strategia 2023, che inizierà i lavori per la creazione di un’infrastruttura blockchain di stato costruita con tecnologia DLT; l’annuncio è stato dato dal Ministro dell’industria e della Tecnologia il quale ha sottolineato come la creazione di una blockchain di stato sia considerata strategica per il prossimo anno e, dunque, prioritaria.
La Turchia lavora ad una infrastruttura DLT
Il primo passo che il governo turco compirà sarà la creazione di una sandbox normativa (come il governo italiano ha già fatto qualche mese fa) il cui scopo sarà appunto favorire la nascita di un’industria blockchain nel paese; in questo modo il governo avrà l’opportunità di analizzare i diversi casi d’uso sulla base del lavoro dei privati per poi indirizzare di conseguenza le proprie iniziative nel settore della pubblica amministrazione. Tra i vari ambiti in cui la nuova infrastruttura blockchain potrebbe essere impiegata abbiamo la registrazione dei terreni e dei certificati accademici, nonché i servizi doganali (per tracciare il traffico di merci) e l’emissione di una CBDC; bisogna infatti tenere conto del fatto che non solo il documento Strategia 2023 cita esplicitamente bitcoin come punto di riferimento ma che a luglio scorso il governo ha diramato un documento che descriveva il potenziale impatto sull’economia del paese di una criptovaluta garantita dalla banca centrale.
La creazione di un’infrastruttura blockchain per la pubblica amministrazione, quindi, potrebbe facilmente essere il primo passo lungo un cammino che, nel tempo, porterà il governo ad emettere una CBDC turca. C’è poi da dire che da quando la lira è finita sotto attacco speculativo internazionale la Turchia ha visto un’esplosione dell’interesse nei confronti delle monete decentralizzate; non solo in quel periodo gli acquisti di bitcoin nel paese salivano alle stelle ma la cosa ha smosso la situazione a un livello più grande. Da quel momento in poi molte cose sono cambiate in Turchia, basti pensare, ad esempio, che ad agosto è stato inaugurato presso l’Università di Bahçeşehir il Blockchain and Innovation Center di Istanbul e che appena qualche settimana fa la turca Istanbul Clearing, Settlement and Custody Bank (Takasbank) ha annunciato una piattaforma basata su blockchain per il trading di oro fisico.
Chiaramente iniziative di questo tipo non nascono dalla sera alla mattina ma sono il risultato di un lungo percorso iniziato proprio un anno fa, ad agosto 2018, quando, come detto, la lira si è trovata a dover fronteggiare una pesante svalutazione anche a seguito dell’aggressione speculativa internazionale; non stupisca, quindi, se nel giro di un paio d’anni ci accorgeremo che la Turchia si sarà ritagliata uno spazio di primo riguardo nell’industria blockchain a livello globale, non sarà successo per caso ma sarà il risultato di una precisa volontà politica e l’effetto di un’attenta programmazione, esattamente ciò che sembra mancare tanto in Italia quanto in Europa.
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