A riportarlo è Bloomberg in un articolo pubblicato ieri, la banca centrale del Ruanda sta lavorando all’emissione di una criptovaluta; la notizia circolava già da qualche tempo e del resto è risaputo che in questo momento sono almeno una quarantina le banche centrali che lavorano all’emissione di una propria CBDC (acronimo di Central Bank Digital Currency), il fatto però che una notizia del genere finisca pubblicata su Bloomberg ci permette di uscire dal campo delle voci di corridoio e di parlare di ufficialità.
Il Ruanda lavora alla propria moneta
Al netto di questo, comunque, come dichiarato dal direttore generale per la stabilità finanziaria del Ruanda, Peace Masozera Uwase, il paese ha ancora molta strada da fare prima di riuscire ad emettere fisicamente una propria moneta virtuale; Uwase ha infatti dichiarato alla stampa che:
“Ci sono ancora dubbi su come esattamente si converte l’intera economia in forma digitale, su come distribuire le monete e con quale velocità governare questo tipo di cambiamento; non sappiamo ancora come affrontare le sfide che si pongono lungo questa strada ne possiamo essere certi che la tecnologia funzioni. Stiamo tentando di capire come si affrontano tali problemi, muoveremo i nostri passi solo quando saremo pronti”
Sempre Uwase ha quindi lasciato intendere che il Ruanda intende studiare anche i tentativi fatti da altri paesi, di modo da chiarirsi al meglio le idee prima di muovere concretamente i primi passi sulla strada dell’emissione di una criptovaluta di stato. E’ in ogni caso perfettamente comprensibile sia l’interesse che il Ruanda sta mostrando verso le nuove tecnologie fintech sia che il paese voglia andarci comunque coi piedi di piombo prima di prendere una decisione definitiva; stiamo del resto parlando di uno dei paesi più poveri al mondo, di conseguenza ci sarebbero certamente sicuri vantaggi nel passaggio verso una moneta virtuale ma è anche naturale che un paese così povero si muova con grande cautela prima di prendere una decisione definitiva.
Lascia comunque, per concludere, francamente straniti il fatto che paesi così poveri, come appunto il Ruanda, abbiano la voglia e il coraggio di investire in innovazione e cambiare la propria società, mentre qui in Europa sembriamo essere letteralmente terrorizzati da ogni forma di cambiamento; la storia, così come l’economia, è in perenne sviluppo e credo che noi, come europei, dobbiamo iniziare a calarci nell’ottica di idee che non possiamo permetterci il lusso di frenare l’innovazione e il cambiamento, in caso contrario temo che presto quei paesi, come lo stesso Ruanda, che fino ad oggi abbiamo definito terzo mondo potrebbero presto finire col superarci sia sul piano economico che, conseguentemente, su quello politico.
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