Negli ultimi mesi il confronto tra Bitcoin e Dogecoin è tornato al centro del dibattito tra gli investitori. La criptovaluta più famosa al mondo sta crescendo con ritmi più moderati rispetto al suo rivale “meme”, spingendo molti a chiedersi se non sia il momento di puntare sulla moneta del cane Shiba Inu. Ma è davvero una scelta sensata abbandonare il “re” delle crypto per inseguire un trend?
Bitcoin resta la colonna portante del mercato
Il punto di forza di Bitcoin (BTC) è la sua scarsità programmata. Il protocollo prevede un tetto massimo di 21 milioni di monete, di cui oltre il 95% è già stato estratto. Questo significa che la quantità di BTC disponibile continuerà a diminuire nel tempo, rendendolo sempre più raro. Il meccanismo dell’halving, che dimezza la ricompensa dei miner ogni quattro anni, garantisce una distribuzione lenta e controllata fino a circa il 2140.
Questa dinamica rende Bitcoin un asset deflazionistico, sostenuto da una domanda crescente. L’arrivo degli ETF spot su Bitcoin nel 2025 ha accelerato l’ingresso di capitali istituzionali, creando un canale stabile di domanda e riducendo l’offerta disponibile sul mercato. Inoltre, la narrativa del “bene rifugio digitale” continua a consolidarsi: sempre più gestori di fondi considerano Bitcoin una forma moderna di oro digitale, utile per diversificare portafogli e proteggersi dall’inflazione.
Naturalmente, anche Bitcoin non è immune dai rischi macroeconomici. In caso di recessione globale o calo di liquidità, le uscite dagli ETF potrebbero temporaneamente pesare sul prezzo. Tuttavia, tra le criptovalute, Bitcoin resta l’asset più sicuro, più trasparente e più riconosciuto a livello mondiale.
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Dogecoin cresce, ma la sua economia interna è fragile
Dogecoin (DOGE) è una storia completamente diversa. Nato per scherzo nel 2013, è diventato nel tempo un simbolo culturale e una delle community più attive del mondo crypto. Il suo prezzo può crescere rapidamente, come dimostra il +140% degli ultimi dodici mesi, ma questa performance si basa quasi esclusivamente su entusiasmo e speculazione.
A differenza di Bitcoin, Dogecoin non ha un limite massimo di offerta. Ogni anno vengono emessi circa 5 miliardi di nuovi token, il che ne riduce inevitabilmente la scarsità. Il suo valore, quindi, dipende fortemente dal sentimento del mercato: quando la community è euforica e la liquidità abbondante, il prezzo sale. Ma quando l’attenzione cala, la moneta tende a perdere rapidamente valore.
Ci sono, tuttavia, alcune novità interessanti in discussione. Parte della community sta valutando la possibilità di integrare una rete di secondo livello (Layer 2) per introdurre funzioni di smart contract, ampliando così le potenzialità d’uso del token. Altri propongono di ridurre la produzione annuale da 5 miliardi a 500 milioni di DOGE per contenere l’inflazione interna. Tuttavia, entrambe le idee sono ancora solo proposte, non implementazioni effettive della rete.
Fino a quando Dogecoin non introdurrà una politica monetaria più sostenibile e una reale utilità tecnica, la sua crescita rimarrà strettamente legata alle mode del momento e agli influencer del settore.
Bitcoin o Dogecoin: quale scegliere nel 2025?
Guardando ai fondamentali, la risposta è chiara. Bitcoin offre una struttura solida, una domanda istituzionale in espansione e una scarsità matematica che ne sostiene il valore nel lungo periodo. Dogecoin, al contrario, vive di cicli di hype e non dispone ancora di meccanismi economici in grado di mantenere il valore nel tempo.
In altre parole, Dogecoin può regalare forti emozioni e guadagni rapidi, ma resta un investimento altamente speculativo. Bitcoin, pur con oscillazioni notevoli, si conferma la base più stabile per chi vuole esporsi al mercato delle criptovalute con una strategia di lungo termine.
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