Nel corso del BlockHashLive 2019, tenutosi ieri, M Sivasankar (che nello stato del Kerala, in India, è il responsabile del settore IT) ha affermato che il paese ha tra i suoi obiettivi quello di formare 20mila esperti blockhain entro due anni; l’evento, organizzato dal Kerala Blockchain Acadamy (KBA), sembra suggerire che l’India abbia deciso di seguire la stessa strada intrapresa dai cinesi, aprendosi cioè alla tecnologia blockchain senza con questo allentare l’attenzione sulle criptovalute. Ovviamente, infatti, Sivasankar, visto anche il suo ruolo istituzionale, ha immaginato applicazioni profondamente differenti per la tecnologia blockchain da quelle più strettamente legate all’industria delle criptovalute, come ad esempio la sicurezza informatica, i processi di vendita, le applicazioni fintech; Sivasankar ha comunque riconosciuto che i prossimi due anni saranno cruciali per il Kerala (e presumibilmente anche per l’India), che conta di formare manodopera altamente specializzata per la nascente industria blockchain.
E’ del resto risaputo come, quando si parla di ingegneri informatici, l’India sia uno dei paesi che ne “sforna” di più ed è sintomatico, invece, che proprio le istituzioni indiane abbiano deciso di spingere così convintamente sulla crittografia considerando questo settore, evidentemente, strategico per la crescita del paese; non va dimenticato, infatti, che questo è uno dei paesi che sta sforzandosi con maggior forza, a livello internazionale, di contrastare la diffusione delle criptovalute come mezzi di pagamento. Bisogna quindi iniziare a immaginare quale impatto potranno avere tutti questi esperti di crittografia che faranno irruzione da qui a qualche anno su quella che è a tutti gli effetti un’industria ancora nascente: questo è vero anche in considerazione del fatto che l’interesse verso la crittografia è esploso un po’ ovunque nel mondo e, anche se con numeri nettamente inferiori, anche gli altri paesi stanno formando un numero crescente di esperti in questa materia.
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