Con un comunicato stampa pubblicato in data odierna ConsenSys ha spiegato che sta collaborando con Microsoft per sviluppare una blockchain attraverso la quale garantire l’autenticità dei prodotti di lusso; fanno parte del progetto due colossi come Louis Vuitton e Christian Dior che stanno fungendo da teste d’ariete per portare nel progetto alcuni dei marchi più prestigiosi del mercato. Il sistema si chiama Aura ed è stato sviluppato grazie alla piattaforma Microsoft Azure che, come noto, sfrutta la blockchain Ethereum per funzionare. L’idea è quella di consentire agli utenti di accedere ad una serie di informazioni, tra cui in primis la possibilità di verificare facilmente l’autenticità dei prodotti acquistati (anche di seconda mano) al fine di contrastare il mercato della contraffazione. Ci sarebbe anche la volontà di fornire agli utenti una gamma più amplia di informazioni sui vari prodotti che verranno archiviati su blockchain, al fine di fornire garanzie sull’eticità della filiera di produzione in termini di sostenibilità ambientale e rispetto delle norme a tutela dei lavoratori (ad esempio per certificare l’assenza di lavoro minorile nella filiera di produzione); i clienti potranno quindi consultare tutte queste informazioni attraverso l’app ufficiale di un determinato marchio. E’ necessario tuttavia fermarci un attimo a rimarcare un aspetto che emerge in tutti gli articoli che pubblichiamo quando parliamo di questi argomenti; mentre la blockchain è certamente una soluzione ideale per certificare l’autenticità di un prodotto e garantire agli utenti che stanno acquistando un prodotto originale e non contraffatto, ben diverso è il discorso che riguarda informazioni relative alla sostenibilità ambientale e al rispetto delle norme a tutela dei lavoratori. Dal momento che sono gli stessi produttori a fornire i dati è poco verosimile che questi possano certificare che una delle aziende a cui appaltano la produzione sfrutta, ad esempio, il lavoro minorile; mentre, in altre parole, i colossi del lusso hanno tutto l’interesse a certificare i propri prodotti come originali (ed in questo senso la blockchain è uno strumento formidabile per farlo) diverso il discorso per tutte quelle informazioni che riguardano l’aspetto etico della produzione. Impensabile che un giorno un utente possa scoprire, smanettando su questa blockchain, un comportamento poco etico da parte dei produttori, è come illudersi che un ladro si presenti spontaneamente in questura ad autodenunciarsi. Ogni qual volta leggiamo notizie di questo tipo dobbiamo quindi sempre distinguere cosa della notizia è reale e fattibile, da ciò che afferisce invece più strettamente a un’iniziativa di marketing. In questo caso, quindi, la porzione realmente interessante della notizia riguarda la possibilità per i consumatori di avere adeguate garanzie, quando acquistano prodotti di lusso, in merito al fatto che il prodotto che stanno comprando sia originale; l’aspetto che invece afferisce più strettamente al marketing riguarda la possibilità che quella stessa blockchain venga usata in maniera credibile per certificare comportamenti etici da parte delle aziende produttrici. Chiunque può facilmente comprendere come ogni azienda, interpellata in merito a questi temi, non potrà far altro che dichiarare di operare in maniera assolutamente etica e conforme alle leggi, nel rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori, ma che poi la realtà sia profondamente differente dalle dichiarazioni è sotto gli occhi di tutti; il fatto che tali dichiarazioni, in un prossimo futuro, non vengano più diffuse da un addetto stampa ma per mezzo di una blockchain non cambia di una virgola questa situazione. I consumatori, per concludere, trovano nella blockchain uno strumento formidabile per avere adeguate garanzie sull’autenticità dei prodotti che acquistano, ma devono continuare a tenere alto il livello di guardia se desiderano imporre ai loro marchi preferiti comportamenti etici in termini di sostenibilità ambientale e rispetto dei diritti dei lavoratori.
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