Le nazioni unite alla comunità delle criptovalute: non partecipate alle conferenze in Corea del Nord

A riferirlo è Reuters, con un articolo pubblicato giusto qualche ora fa, le Nazioni Unite hanno avvertito la comunità che partecipando alla prossima conferenza sulle criptovalute in Corea del Nord, prevista per il prossimo febbraio, rischiano di essere incriminati per aver violato le sanzioni che gravano su Pyongyang; non che servisse un avvertimento da parte dell’ONU, era bastato l’arresto di Virgil Griffith, avvenuto lo scorso novembre, a far capire alla cripto-comunità che tira una brutta aria. Peccato solo che la Corea del Nord, questa volta, si sia premunita di tutelare chi vorrà partecipare; sul sito web della conferenza, infatti, è riportato che i visitatori (da qualunque paese provengano) potranno partecipare all’incontro in maniera del tutto anonima. Più precisamente il sito riporta che:

Virgil Griffith

“Forniremo un visto cartaceo separato dal passaporto, quindi non ci saranno prove del tuo ingresso nel Paese. La tua partecipazione non sarà mai rivelata dalla nostra parte se non la pubblicizzi da solo

Chi vorrà partecipare, quindi, dovrà solo avere l’accortezza di prendere un volo per la Corea del Sud e poi passare il confine con mezzi non tracciabili; ovviamente evitando di farsi un selfie con Kim Jong-un magari pubblicandolo sui social. Ora, senza scadere in aspetti meramente politici, a prescindere da qualunque orientamento ideologico e senza nemmeno entrare nel merito del fatto che le sanzioni siano corrette o no, qui il punto è molto semplice; la comunità delle criptovalute da anni lavora sodo per favorire l’adozione di massa a bitcoin e, più in generale, il passaggio dalle valute fiat, sotto monopolio degli stati, alla moneta decentralizzata sotto diretto controllo delle comunità digitali, di conseguenza c’è tutto l’interesse a partecipare a qualunque conferenza a prescindere dal paese in cui si svolge.

Le bagatelle degli stati che si contendono il potere sullo scacchiere geopolitico internazionale non solo non ci riguardano ma neanche ci interessano; non ci importa se davvero Kim Jong-un sia un pazzo criminale o solo un capo di stato che sta difendendo la sovranità del proprio paese, dal punto di vista della comunità delle criptovalute tutto questo è completamente irrilevante. Favorire la diffusione di bitcoin e delle altre criptovalute in Corea del Nord è qualcosa che andrebbe fatto non per favorire il governo nord coreano ma per sostenere la popolazione locale. In questo senso Virgil Griffith ci è stato di esempio, nessun governo dovrebbe sentirsi in diritto di dirci dove possiamo o non possiamo andare, nessun governo ha il diritto di limitare in maniera così arbitraria la nostra libertà di movimento ne, ancora meno, di dirci a chi possiamo o non possiamo inviare denaro. Immaginiamo che, attraverso i social, io faccia amicizia con un cittadino nord coreano ed immaginiamo che, a un certo punto, questa persona, essendo in difficoltà economiche, mi chieda di aiutarlo; io ho il pieno diritto di fare coi miei soldi ciò che preferisco e se voglio inviare del denaro per sostenere questo mio amico virtuale devo essere libero di farlo senza che un qualunque governo si senta in diritto di incriminarmi e arrestarmi per questo. Come comunità delle criptovalute non possiamo tollerare questo genere di approcci, profondamente illiberali oltre che, a mio parere, dannosi; rivendichiamo, perciò, il diritto a viaggiare dove ci pare e piace e di inviare il nostro denaro a chiunque vogliamo, senza che governi e istituzioni mettano becco. Per questo è nato bitcoin, a questo serve la moneta decentralizzata, a ridarci quella libertà che i nostri stessi governi hanno minato e demolito.

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