La consob ha pubblicato il suo rapporto conclusivo sulle ICO e le “cripto-attività”

ICO

Il documento ufficiale lo trovate qui, si tratta di 18 pagine che rappresentano la relazione conclusiva della Consob, punto di approdo finale di una discussione durata nove mesi; tale discussione, anche se da più parti è stata definita di portata nazionale, in realtà è stata abbastanza “esclusiva” dal momento che ha tagliato fuori larga parte della comunità. Detto questo ho deciso di leggere questo documento e di prendere nota, man mano che andrò avanti nella lettura, di quelle che sono le mie riflessioni. Intanto la prima critica che mi viene naturale fare riguarda già il titolo di questo rapporto, in primo luogo senza una definizione legale di cosa siano le “cripto-attività” questa parola rimane priva di alcun significato; trovo abbastanza grave che un’istituzione come la Consob utilizzi una parola del genere senza che sia retta da una legge in cui ne viene data una definizione chiara e univoca. La seconda riflessione, anche qui necessariamente polemica, riguarda il fatto che la Consob si sia messa a studiare le ICO, proponendo una regolamentazione di questi strumenti senza apparentemente rendersi conto che tale strumento è già superato. Non ha alcun senso regolamentare le ICO per il semplice motivo che questo strumento è stato utilizzato proprio per sfruttare il vuoto normativo, nel momento in cui gli altri paesi (USA, Cina, etc) lo hanno regolamentato gli oneri burocratici sono diventati così eccessivi che il mercato si è direttamente rivolto alle IEO, scaricando così tali oneri sugli exchange. Sono più esplicito, le ICO non vanno normate, vanno semplicemente vietate; per altro, nel momento in cui venissero vietate, si potrebbe pensare a una piattaforma istituzionale che si occupi di gestire le IEO, del resto come abbiamo una borsa a Milano non mi pare così irragionevole credere che sia necessario darsi una borsa istituzionale e regolamentata anche per gestire la vendita di token. Intanto iniziamo subito col dire che sin dall’apertura il documento tenta di rispondere alle critiche ricevute durante l’audizione pubblica relative proprio alla mancanza di chiarezza della parola “cripto-attività”; la Consob afferma che non può essere introdotta una definizione ad hoc a livello nazionale perché con l’introduzione del MIFID le autorità nazionali dei vari paesi dell’euro-zona possono solo implementare le decisioni prese a livello comunitario, non possono, in altre parole, distaccarsi da quanto deciso a livello comunitario. Il MIFID, però, riguarda le attività finanziarie e non contempla minimamente gli asset crittografici, è proprio lo stesso documento della Consob a citare il passaggio del MIFID in cui è scritto esplicitamente:

A crypto-asset [as defined in this paper] is not a financial instrument, as listed in Section C of Annex 1 of the Markets in Financial Instruments Directive (MiFID), as that would typically represent a financial liability or equity on the side of some issuer”

La consob, quindi, non sta facendo altro che scaricare il barile a un livello superiore, è come se avesse dichiarato che tanto ci deve pensare l’Europa; tutto questo è abbastanza deprimente, e siamo appena alla seconda pagina del documento. Arrivati alla terza pagina non solo appare chiaro a chiunque che la consob non ha la minima idea di cosa stia parlando ma appare incredibile l’uso reiterato di parole alle quali non è stata data una preventiva definizione; in particolare, nella terza pagina del documento, si può leggere che:

La disciplina ipotizzata dalla Consob sulle «offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività» muove dalla ritenuta esigenza di disciplinare le ICO che tipicamente si caratterizzano nella prassi operativa per l’utilizzo della tecnologia DLT”

In quale mondo? Su quale pianeta? In quale realtà parallela le ICO “tipicamente” sarebbero caratterizzate nella prassi operativa dall’uso della tecnologia DLT? La Consob qui dimostra chiaramente di non avere la minima idea di cosa stia parlando e tutto questo è sinceramente molto deprimente. Sia chiaro, di documenti simili nel corso dell’ultimo anno ne ho letti tonnellate, ho letto i rapporti di istituzioni estere, i quali comunemente presentano imprecisioni e omissioni, ma in misura tollerabile; questo documento della consob è semplicemente imbarazzante, e siamo solo alla terza pagina. Arrivati alla quinta pagina, dopo l’ennesimo riferimento al “gestore della piattaforma per il lancio delle ICOviene il dubbio legittimo che la Consob abbia, più o meno consapevolmente non è dato saperlo, fuso le definizioni di ICO e IEO in un’unica parola. Il che, come ho già avuto modo di spiegare, è abbastanza ridicolo; le ICO, semplicemente, andrebbero vietate, come del resto hanno fatto già numerosi paesi, e andrebbero regolamentate direttamente le IEO e, a quel punto, l’attività delle piattaforme private che le gestissero, qualora si reputasse troppo impegnativo dare vita a una piattaforma nazionale. Del resto, poveretti, hanno già lavorato troppo nella stesura di questo documento, adesso meritano di riposare almeno per i prossimi 18 mesi, giusto per riprendersi dalla fatica colossale che, certamente, sarà costata scrivere tale rapporto. La quinta pagina del rapporto presenta poi un passaggio assolutamente comico, roba che si potrebbe portare in giro per i teatri tale è il livello di ilarità che suscita; in pratica la consob scrive, in risposta a chi durante l’audizione fa notare che esistono le IEO:

Esisterebbero anche cripto-attività emesse direttamente in fase di exchange (Initial Exchange Offering)”

Come sarebbe a dire esisterebbero? Non è che esisterebbero, esistono! Io me li immagino i funzionari della consob che si guardano in faccia perplessi chiedendo cosa siano queste dannate IEO. In pratica le IEO per la consob sono come gli UFO, in tanti affermano di averle viste ma non ci sono prove dimostrabili della loro esistenza. Da questo momento in poi l’uso del condizionale diventa una costante, parole come “pare”, “appare”, “sembrerebbe”, ritornano di continuo; il che è semplicemente ridicolo se pensiamo che il ruolo della consob dovrebbe essere quello di fare chiarezza. Tra pagina 6 e pagina 7 ritorna la questione relativa alla mancanza di una definizione chiara del termine “cripto-attività”, questione nuovamente elusa dalla consob, che chiaramente non è in grado di produrre una definizione del genere perché ha già di suo le idee molto confuse sul tema che sta trattando. In conclusione questo documento, che da più parti è stato definito come rilevante, in realtà è abbastanza misero, confusionario e, per certi versi, deprimente; è deprimente che al termine di un lavoro durato nove mesi non si sia riusciti a produrre nulla di meglio, è deprimente il modo in cui la Consob sembra giocare a rimpiattino col livello superiore comunitario, è deprimente l’uso di una terminologia non supportata da definizioni chiare e univoche, è deprimente, in linea di massima, il modo in cui questo documento è scritto. Per chi fosse abituato a leggere documenti del genere prodotti da istituzioni estere è impossibile non notare l’abisso che separa l’Italia dagli altri paesi; intendiamoci, regolamentare il mondo delle cripto non è cosa facile, ma parliamo comunque di strumenti che esistono da dieci anni e la sensazione è che nel nostro paese non solo le istituzioni sembrano appena aver iniziato a metterci il naso, ma lo stanno facendo con la solita lentezza. Ovviamente tutti i siti di settore hanno rilanciato la notizia, ma la sensazione è che quasi nessuno abbia letto realmente questo rapporto; noi l’abbiamo fatto ed invitiamo anche i nostri lettori a farlo, perché niente rende meglio l’idea dell’inadeguatezza delle nostre istituzioni.

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