Jerome Powell a Zurigo interviene nel dibattito sulle criptovalute

Nel corso di un forum tenutosi a Zurigo nella giornata di ieri il presidente della FED, Jerome Powell, ha avuto l’occasione di entrare nel merito del dibattito sulle criptovalute che sta animando mezzo mondo e lo ha fatto, chiaramente non avremmo potuto aspettarci altro, entrando a gamba tesa sulla questione; dopo aver ribadito che la Federal Reserve sta monitorando attentamente il mercato delle valute virtuali, Powell ha affermato di essere convinto che non ci sarà alcun lancio di CBDC nel prossimo futuro.

bitcoin da satellite

Jerome Powell dice la sua sulle criptovalute

Già qui il presidente della FED sembra prendere un abbaglio clamoroso; sappiamo infatti che sono numerosi gli stati che stanno lavorando all’emissione di questi strumenti, alcuni dei quali sono attesi già per la prima metà del 2020. Esiste, chiaramente, la possibilità che il presidente della FED sappia qualcosa di cui noi siamo all’oscuro, ma fino a prova contraria, stando alle notizie attualmente disponibili, possiamo continuare a sostenere che se il 2018 è stato l’anno delle stablecoin con ogni probabilità il 2020 sarà l’anno delle CBDC. Proseguendo nel suo intervento Powell ha avuto modo di prendere un altro granchio, di quelli pesanti, nel momento in cui, a supporto della tesi che non ci sarà alcuna emissioni di criptovalute garantite dalle banche centrali, ha affermato che nessuno è pronto al lancio di tali strumenti per il semplice motivo che avrebbero bisogno di tutt’altre basi in termini di sicurezza informatica dal momento che un conto è contraffare una valuta cartacea, tutt’altra cosa hackerare una valuta virtuale e creare, con un computer, tutte le monete che ti pare.

Qui, ragazzi, si apre un mondo, anzi tutto perché le monete cartacee sono tutt’altro che impossibili da contraffare ed in secondo luogo per il famoso scandalo delle Supernotes; riprendendo il filo del discorso (a beneficio di chi non ne avesse mai sentito parlare) da anni circolano voci secondo cui sarebbero state trafugate delle matrici che permettono di stampare dollari e che siano in circolazione miliardi di dollari falsi ma impossibili da distinguere da quelli reali se non attraverso i numeri di serie. Si vocifera da tempo (anche se in molti hanno bollato la cosa come una bufala) che esista a Pyongsong (in Corea del Nord) una vera e propria zecca che stampa biglietti da 100$ usando le matrici originali ed accumulando interi bancali di banconote che poi permetterebbero (il condizionale è d’obbligo) alla Corea del Nord di eludere facilmente le sanzioni americane. Nella storia, che è molto complessa, è finito coinvolto anche un italiano (ex agente dei servizi e collaboratore della CIA) e Alberto Simoni ci ha scritto anche un libro (potete cliccare qui se volete approfondire).

Non solo, però, Powell ci riempie di chiacchiere nel momento in cui glorifica l’efficienza della valuta di carta, ma dimostra anche di non conoscere la tecnologia nel momento in cui parla del rischio della doppia spesa; come noto, infatti, il senso della blockchain è proprio evitare questo tipo di problema e lo fa per mezzo dei protocolli di consenso. Non basta, come qualunque appassionato di cripto sa, un hacker con un computer per fare l’operazione di cui parla Powell (tanto più se la moneta in questione è bitcoin) ma occorre sferrare un attacco 50%+1, cosa che per una moneta come BTC appare sostanzialmente impossibile; il presidente della FED, quindi, ha perso una chiara occasione per tacere dal momento che, parlando, ha solo dimostrato la sua sconfinata ignoranza sul tema e legittimato la sfiducia crescente nei confronti dell’istituzione che rappresenta.

Quale fiducia, infatti, si potrebbe mai avere in un’istituzione che dichiara di monitorare con accuratezza un fenomeno ma che poi dimostra di non comprenderlo? Chiaramente nessuna. Powell poi è intervenuto anche sulla questione libra, ribadendo ciò che in più circostanze le autorità statunitensi hanno già avuto modo di ripetere e cioè che, nonostante non abbiano giurisdizione sul progetto (la libra association ha infatti sede a Ginevra), hanno comunque diversi margini di intervento per bloccare una moneta che non ha fornito le rassicurazioni richieste in diverse occasioni sia da un punto di vista prettamente economico e monetario, sia per quel che riguarda la tutela della privacy degli utenti.

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