Diciamo subito che, a prescindere da quello che potrete leggere in giro, non si tratta di una criptovaluta; qualcuno l’ha definita “quasi-criptovaluta” altri, più propriamente, una “non-criptovaluta” basterebbe togliere la parola criptovaluta e faremmo prima. Tentiamo di essere più chiari e capirci qualcosa; in pratica le due istituzioni (FMI e banca mondiale) hanno intenzione di sviluppare una blockchain privata, accessibile solo internamente alle due istituzioni, con finalità sostanzialmente didattiche. La notizia è apparsa sul financial times qualche giorno fa ed ha fatto rapidamente il giro del web, si tratta sostanzialmente di un progetto teso ad esplorare le potenzialità di questa nuova tecnologia, che punta ad archiviare su blockchain blog, ricerche, video e presentazioni.
Il fondo monetario e la banca mondiale lanciano una blockchain
I partecipanti alla rete (tutti dello staff delle due istituzioni) potranno ottenere, sulla base del loro contributo, una specie di cripto-ibrido (definirlo criptovaluta mi è sembrato esagerato) che si dovrebbe chiamare “learning coin” e che sarà poi convertibile in alcuni “premi” (non meglio definiti) un po’ come se fosse la tessera a punti di una catena di supermercati. Insomma, un’idea geniale, non c’è che dire, e se in questa mia affermazione ci trovate una nota di sarcasmo, ragazzi, i miei complimenti, avete un intuito eccezionale. Cosa dovrebbero imparare di preciso da questo esperimento il fondo monetario internazionale e la banca mondiale non è ancora chiaro, ne tanto meno appare chiara la finalità ultima di questo esperimento. In molti siti ho trovato scritto che l’obiettivo sarebbe di arrivare ad utilizzare la blockchain per lanciare contratti intelligenti, combattere il riciclaggio di denaro e migliorare il livello generale di trasparenza. Ora, se può avere un senso per due istituzioni come FMI e banca mondiale usare la blockchain per aumentare la propria trasparenza, l’uso di contratti intelligenti (come vedremo tra poco) appare un po’ inquietante mentre l’idea che queste istituzioni possano contrastare il riciclaggio di denaro emettendo una propria criptovaluta mi pare semplicemente fantasiosa.
La cosa che, come accennavo, assume un sapore vagamente inquietante riguarda gli smart contract; che cosa hanno in mente? Con uno smart contract si potrebbero subordinare gli stanziamenti di fondi e aiuti a determinate politiche da imporre agli stati; insomma, un po’ come accaduto in Grecia durante la crisi, ma automatizzando il tutto ed evitando quindi la possibilità per determinati paesi di ricontrattare le condizioni stabilite. Difficile? Impossibile? Fantascienza? Lo capiremo solo quando arriveremo al dunque e questi strumenti verranno effettivamente implementati, per adesso stiamo parlando solo di un banalissimo test che, ad essere sinceri, pare anche un po’ campato per aria.
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