E’ difficile non pensare che la mossa di Brian Armstrong (CEO di CoinBase, la principale piattaforma di scambio degli stati uniti) non vada collocata nell’ambito di una strategia di comunicazione tesa a recuperare il rapporto con gli utenti dopo le recenti accuse che la cripto-comunità ha lanciato nei confronti dell’exchange. Il malcontento da parte degli utenti era già montante da mesi, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’acquisizione di una società di spionaggio online (italiana) che ha provocato una campagna sui social che potete andare a recuperare sotto l’hashtag #DeleteCoinBase. Tra le varie accuse mosse dalla comunità c’è il fatto che, a loro dire, la piattaforma sia diventata ormai una vera e propria banca, cosa che, francamente, è ormai difficile da negare.
Domande e risposte col CEO di CoinBase
Non senza una certa intelligenza Armstrong non ha risposto subito alle accuse mosse dagli utenti, ha lasciato che le acque si calmassero per poi sottoporsi, nei giorni scorsi, in una sessione della durata di poco inferiore a un’ora, alle domande della comunità (ovviamente accuratamente selezionate a monte). Tra i passaggi più interessanti il CEO di CoinBase solleva nuovamente l’annoso problema del “trilemma della scalabilità” per cui rimarca come sia necessario superare questo limite garantendo alle criptovalute sia la decentralizzazione sia la possibilità di processare alti volumi senza nulla perdere in sicurezza; bisogna inoltre, e su questo mi trovo molto d’accordo, lavorare più duramente sull’usabilità perché il mondo delle criptovalute richiede agli utenti, per investire il loro denaro, di fare dei passaggi ancora troppo complicati per un gran numero di persone nel mondo. Armstrong evidenzia poi anche come la volatilità estrema che ancora caratterizza il mercato delle cripto sia uno dei più grandi limiti all’adozione di massa, affermando che le stablecoin giocano un ruolo cruciale da questo punto di vista (idea che pare sia diventata molto comune, visto il proliferare di queste monete nell’ultimo anno).
Per quanto riguarda le scelte strategiche dell’azienda il CEO di Coinbase ha preferito fare solo qualche piccola allusione alle recenti accuse che la comunità ha mosso nei confronti della piattaforma, preferendo concentrarsi sulle scelte meno controverse prese dall’exchange negli anni scorsi; in particolare, pur ribadendo il proprio amore verso bitcoin, Armstrong rivendica l’importanza di aver scelto di collocare la piattaforma su un terreno di neutralità, affermando che la scelta di sostenere eccessivamente bitcoin negli anni scorsi (soprattutto fino al 2014) non sia stata probabilmente la strategia migliore possibile. Oggi, conclude il CEO, CoinBase sostiene l’intero eco-sistema delle criptovalute, senza preferenze di sorta, supportando i progetti più piccoli al pari di quelli più grandi e rilevanti; anche qui mi trovo personalmente d’accordo con Armstrong, il mercato delle criptovalute è un vero e proprio eco-sistema e, in quanto tale, la sua salute è strettamente legata alla salute di tutte le monete che popolano il mercato e non solo di alcune. Si tratta di un approccio olistico che, c’è da augurarsi, prenda sempre più piede fino a demolire ciò che oggi passa sotto il nome di “massimalismo”.
Illudersi, in altre parole, che il mercato possa sopravvivere se tutte le monete intorno a bitcoin iniziassero a morire è abbastanza miope; la salute di bitcoin passa per la salute delle altcoin, e viceversa, da questo punto di vista, quindi, la scelta di CoinBase di porsi in maniera neutrale rispetto ai vari progetti quotati è sicuramente una mossa intelligente. Lo stesso, purtroppo, non si può dire per tutta una serie di scelte prese da CoinBase in tempi più recenti, ma di questo Armstrong, comprensibilmente, ha evitato accuratamente di parlare.
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